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 Pre-dissesto: linee guida Corte dei conti
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piscino

716 Posts

Scritto - 04/01/2013 :  08:48:53  Vedi il profilo  Modifica il topic  Rispondi quotando  Vedi l'indirizzo Ip dell'utente  Cancella il topic
La Sezione Autonomie della Corte dei conti ha approvato le linee guida ed i criteri per l’istruttoria del piano di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-quater del TUEL, come introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera r) del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n. 213.

Deliberazione n.16/SEZAUT/2012/INPR



C o r t e d e i C o n t i

Sezione delle autonomie


Adunanza del 13 dicembre 2012

Presieduta dal Presidente della Corte – Presidente della Sezione delle autonomie

Luigi GIAMPAOLINO

Composta dai magistrati:

Presidenti di Sezione: Giuseppe Salvatore LAROSA, Nicola MASTROPASQUA, Vittorio GIUSEPPONE, Mario FALCUCCI, Giorgio PUTTI, Raffaele DEL GROSSO, Ciro VALENTINO, Ennio COLASANTI, Raffaele DAINELLI, Maurizio TOCCA, Enrica LATERZA, Anna Maria CARBONE

Supplenti: Consiglieri Rosario SCALIA, Diana CALACIURA, Gianfranco POSTAL, Fabio Gaetano GALEFFI, Ugo MARCHETTI

Primo Referendario Francesco ALBO

Referendari Oriella MARTORANA, Antonio DI STAZIO

Consiglieri: Teresa BICA, Francesco PETRONIO, Carmela IAMELE, Alfredo GRASSELLI, Rinieri FERONE, Francesco UCCELLO, Adelisa CORSETTI




Visto il testo unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modificazioni;

Vista la legge 14 gennaio 1994, n. 20 e successive modificazioni;

Visto il decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante il testo unico delle leggi sugli enti locali e successive modificazioni;

Vista la legge 5 giugno 2003, n. 131;

Visto il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n. 213, in particolare l’art. 3, co. 1, lett. r) che, nell’ambito della procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, prevede l’adozione di Linee guida deliberate dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti ai fini dell’esame del piano di riequilibrio;

Visto il regolamento per l’organizzazione delle funzioni di controllo della Corte dei conti, approvato dalle Sezioni riunite con la deliberazione n. 14 del 16 giugno 2000 e modificato dalle stesse con le deliberazioni n. 2 del 3 luglio 2003 e n. 1 del 17 dicembre 2004, e dal Consiglio di Presidenza con la deliberazione n. 229 del 19 giugno 2008;

Vista la nota prot. n. 9604/AUT/A91/P del 10/12/2012, con la quale il Presidente della Corte ha convocato la Sezione delle Autonomie per l’adunanza odierna;

Uditi i relatori, Cons. Francesco Petronio e Cons. Rinieri Ferone



DELIBERA



di approvare l’unito documento, che e’ parte integrante della presente deliberazione, riguardante le linee guida ed i criteri per l’istruttoria del piano di riequilibrio finanziario pluriennale ex art. 243-quater del Decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (TUEL) come introdotto dall’art. 3, comma 1, lettera r) del decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito con legge 7 dicembre 2012, n. 213.

I Relatori Il Presidente

F.to Francesco Petronio F.to Luigi Giampaolino

F.to Rinieri Ferone



Depositata in Segreteria il 20 dicembre 2012



Il Dirigente

F.to Romeo Francesco Recchia

*

Linee Guida per l’esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale e per la valutazione della sua congruenza (art. 243-quater, TUEL commi 1-3)


Il Decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174 “Disposizioni urgenti in materia di finanza e funzionamento degli enti territoriali, nonché ulteriori disposizioni in favore delle zone terremotate nel maggio 2012”, con l’art. 3, co. 1 lettera r), ha inserito, nel Titolo VIII – Enti locali deficitari o dissestati – del D. Lgs. 267 del 18 agosto 2000, Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali ( TUEL), l’art. 243-bis che prevede un’apposita procedura di riequilibrio finanziario pluriennale per gli enti nei quali sussistano squilibri strutturali del bilancio in grado di provocare il dissesto finanziario. Si tratta di una terza fattispecie che si aggiunge alle situazioni, elencate dagli artt. 242 e 244 del TUEL, di Enti in condizioni strutturalmente deficitarie ed Enti in situazioni di dissesto finanziario.

La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale, disciplinata dai nuovi articoli 243-bis, ter e quater del TUEL, si inserisce, quindi, in un sistema in cui sono prefigurate, in una graduale articolazione, le situazioni di precarietà delle gestioni amministrative ed in parallelo i rimedi per farvi fronte. Le misure previste prendono le mosse da quelle per il ripiano dei debiti, nonché dell’eventuale disavanzo di amministrazione e da quelle necessarie per il ripristino del pareggio, laddove si prevedono disavanzi di gestione o di amministrazione per squilibri della gestione di competenza o dei residui. Di maggiore spessore sono gli interventi previsti per le condizioni di deficitarietà strutturale e ancor più quelli in tema di dissesto. In tale sistema articolato e tendenzialmente completo si è, quindi, inserita la procedura del cosiddetto “dissesto guidato” di cui all’art. 6, comma 2, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 149 che, prima dell’ultimo intervento normativo, rappresentava il rimedio di chiusura di un sistema di salvaguardia delle gestioni degli enti locali. Sull’applicazione di tale ultima procedura, questa Sezione ha avuto occasione di pronunciarsi con la deliberazione 2/AUT/2012/QMIG.

La procedura di riequilibrio finanziario pluriennale presuppone una situazione di evidente deficitarietà strutturale prossima al dissesto, che potrebbe dar luogo al procedimento del c.d. “dissesto guidato”, ma che si svolge privilegiando l’affidamento agli organi ordinari dell’ente della gestione delle iniziative per il risanamento.

Il legislatore si dimostra ben avvertito della sostanziale prossimità delle situazioni regolate dal novellato art. 243 TUEL, rispetto a quelle che conducono al dissesto, tanto che vengono introdotte disposizioni tese a regolare l’eventuale coesistenza delle due procedure. Il ricorso al piano di riequilibrio è, infatti, precluso qualora la Sezione regionale di controllo abbia già assegnato il termine per l’adozione delle misure correttive, nel corso della procedura ex art. 6, comma 2, d.lgs 149/2011. Al riguardo è opportuno precisare che, con norma transitoria (art. 243-bis) è stabilito che la preclusione opera solo se la Sezione Regionale di controllo abbia assegnato il termine specificato dall’art. 6, comma 2 del d. lgs. 149/2011 dalla data di entrata in vigore della disposizione.

Sul punto non va trascurato di considerare che, pur in presenza di una rigorosa impostazione dei criteri di risanamento della gestione, la maggiore ampiezza del tempo di esecuzione del piano, protratto in sede di conversione ad un arco decennale, vincola anche le future gestioni per cui la graduazione, negli anni di durata del piano, della percentuale del ripiano del disavanzo di amministrazione e degli importi da prevedere nei bilanci per il finanziamento dei debiti fuori bilancio (art. 243-bis, comma 6, lettera d) deve privilegiare un maggior peso delle misure nei primi anni del medesimo piano e, preferibilmente, negli anni residui di attività della consiliatura e comunque nei primi 5 anni.

La procedura per il riequilibrio finanziario è cadenzata, con termini perentori, per lo svolgimento degli adempimenti e richiede l’intervento della Corte dei conti nelle sue diverse articolazioni in fasi e momenti diversi del procedimento. La Sezione delle Autonomie della Corte è chiamata, preventivamente, a deliberare apposite Linee Guida necessarie ad orientare i criteri dell’esame del piano di riequilibrio finanziario pluriennale da parte dell’apposita sottocommissione della Commissione per la finanza e gli organici degli EE.LL. Le Sezioni regionali di controllo possono fornire indicazioni alla sottocommissione sul caso concreto all’esame sin dall’avvio della fase istruttoria. All’esito della prima fase della procedura, la sottocommissione redige una relazione finale, successivamente trasmessa alla competente Sezione regionale della Corte che, sulla base della valutazione della congruenza delle misure che si intendono adottare ai fini del riequilibrio, emette una deliberazione motivata per l’approvazione del piano o, in caso contrario, di diniego.

La deliberazione della Corte dei conti, in ordine all’approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale, è comunicata al Ministero dell’interno e può essere impugnata entro 30 giorni (ai sensi dell’articolo 103, secondo comma, della Costituzione) nelle forme del giudizio ad istanza di parte, innanzi alle Sezioni riunite della Corte dei conti in speciale composizione che si pronunciano entro 30 giorni dal deposito del ricorso. Le stesse Sezioni riunite decidono in unico grado, i ricorsi avverso i provvedimenti di ammissione al Fondo di rotazione di cui all’articolo 243-quater.

Le funzioni delle Sezioni regionali di controllo non sono limitate all’approvazione del piano: infatti, successivamente a tale adempimento, spetta ad esse il compito di vigilare sull’esecuzione dello stesso, effettuando, ai sensi dell’art. 243-bis, comma 6, lett. a) i controlli già previsti dall’art. 1, comma 168 della legge 23 dicembre 2005, n. 266 ed ora riportati nel testo dell’art. 148-bis del TUEL, ed emettendo, all’occorrenza, apposita pronuncia.

L’iniziativa è rimessa agli organi rappresentativi degli enti attraverso l’adozione della deliberazione consiliare di ricorso alla procedura di riequilibrio finanziario pluriennale che deve essere trasmessa, entro 5 gg. dalla data di esecutività, alla Sezione Regionale della Corte dei conti e al Ministero dell’interno.

Il Consiglio dell’Ente locale, nel termine perentorio di 60 gg. dalla data di esecutività della delibera di ricorso alla procedura, deve approvare un piano di riequilibrio finanziario pluriennale della durata massima di 10 anni, compreso quello in corso, corredato del parere dell’organo di revisione economico-finanziario.

Presupposto necessario per accedere alla procedura di riequilibrio è la regolare approvazione del bilancio di previsione e dell’ultimo rendiconto nei termini di legge; ciò in quanto è necessario che le successive proiezioni abbiano come punto iniziale di riferimento una situazione consacrata in documenti ufficiali. Al riguardo deve essere anche rilevato che l’avvio della procedura non comporta la sospensione dei termini per la presentazione dei documenti contabili; infatti a differenza di quanto previsto nel caso di dissesto dall’art. 248 del TUEL non si rinviene una norma espressa in tal senso. Nel silenzio del legislatore la norma va interpretata nel significato letterale (ubi voluit dixit), anche perché è utile disporre della rappresentazione certa e veritiera di partenza, al fine di valutare la sostenibilità del piano.

L’avvio della Procedura per il risanamento pluriennale, ancor prima dell’approvazione del piano, comporta la sospensione delle azioni esecutive, determinando una compressione dei diritti dei terzi creditori. La facoltà di revocare l’istanza di ricorso alla procedura, in linea generale ammissibile in assenza di contraria previsione, dovrebbe comunque essere esercitata non oltre i 60 giorni previsti dalla norma (ex art. 243-bis comma 5 del TUEL) per la presentazione del piano.

Il piano di riequilibrio deve essere deliberato entro 60 gg. dalla data di esecutività della delibera di cui al comma 1 dell’art. 243-bis del TUEL e, quindi, trasmesso alla competente Sezione regionale di controllo della Corte dei conti e alla Commissione per la finanza e gli organici degli EE.LL.

La durata massima del Piano è decennale; esso deve essere corredato del parere dell’Organo di revisione economico-finanziario, che assume un ruolo essenziale sia nella predisposizione del piano che ai fini del controllo della sua attuazione.

Il piano viene istruito dalla sottocommissione, che nel termine di 60 gg, redige la relazione finale; tale termine può soggiacere a sospensione, nel caso in cui si renda necessario procedere ad acquisizione documentale e a richieste istruttorie, per il periodo che impiega l’Ente per fornire risposte e, comunque, non oltre i 30 giorni .

Le Linee Guida della Sezione delle Autonomie offrono indicazioni sulla corretta applicazione della nuova procedura, al fine di superare possibili difficoltà nell’esegesi delle norme e per renderne l’interpretazione tendenzialmente uniforme. Esse mirano, in particolare, a fornire criteri per verificare l’esatta determinazione dei fattori di squilibrio presenti nella gestione dell’ente, nonché l’attendibilità e sostenibilità delle misure rivolte al superamento della situazione critica.

Le indicazioni contenute nelle specifiche Linee Guida non possono non considerare le analoghe istruzioni presenti nelle Linee Guida ex art. 1, co. 166 e seguenti della legge 266/2005 – compilate dagli organi di revisione – per il bilancio e il rendiconto nelle parti in cui esaminano le stesse questioni rilevanti per la procedura di riequilibrio pluriennale.

Va sottolineato, quindi, il supporto che si può ricevere, nelle valutazioni finalizzate allo svolgimento della procedura di riequilibrio, dai dati raccolti nei questionari annessi alle suddette Linee Guida, utilizzati per gli accertamenti, demandati alla Corte, in merito alla corretta attuazione degli interventi previsti dalle norme e, in particolare, per verificare la presenza di gravi squilibri finanziari nella gestione degli enti.

Inoltre, le Sezioni regionali nella sede del controllo sui rendiconti e sui bilanci hanno avuto frequente occasione di rilevare situazioni di squilibrio e profili d’irregolarità e richiamato gli organi rappresentativi degli enti a porre in essere i correttivi necessari per scongiurare situazioni più gravi, che avrebbero potuto determinare il dissesto. Per tale ragione, nella fase istruttoria, è necessario acquisire le delibere delle Sezioni Regionali di controllo sui bilanci e rendiconti relative ad un significativo periodo. A tale riguardo, va anche ricordato che i dati impiegati per i riscontri in tale sede sono quelli verificati dall’organo di revisione che, per la loro provenienza, assumono maggiore significatività.

Nella procedura in esame le Linee Guida non si rivolgono agli organi di revisione, ma alla sottocommissione e la guidano nella valutazione dei piani. Tali indirizzi risultano importanti anche per le Sezioni regionali a supporto delle funzioni di controllo esercitate. L’attività dei revisori è prevista sin dalla fase di redazione del piano di riequilibrio. Il loro intervento, che prosegue anche in successivi passaggi della procedura, con le cadenze temporali previste dalla legge, può rivelarsi di ausilio anche per asseverare dati e valutazioni espresse nello stesso piano durante tutto il percorso di approvazione e realizzazione e consentire momenti di confronto con le Sezioni regionali.

Le istruzioni delle Linee Guida, deliberate dalla Sezione delle autonomie della Corte dei conti, si rivolgono particolarmente alla fase istruttoria da parte della sottocommissione, indicando elementi da acquisire per una ponderata valutazione del piano; le Linee Guida non precludono l’effettuazione di ulteriori e maggiormente calibrate richieste istruttorie, da parte della competente Sezione Regionale di Controllo della Corte dei conti, estese anche alla fase di verifica.

Tra gli elementi da prendere in considerazione per inquadrare la gravità della situazione di squilibrio è utile raccogliere una dettagliata descrizione delle caratteristiche dell’Ente quali: la collocazione geografica (ad esempio: isola, ente montano) la popolazione residente (il trend demografico recente)la percentuale di popolazione immigrata, i flussi temporanei di residenti (vocazione turistica).

Presupposto indefettibile per la positiva valutazione dei piani di rientro è che si possa constatare l’adeguamento al complesso delle regole di coordinamento della finanza pubblica contenute nelle vigenti norme in tema di finanza locale, quali il rispetto del patto di stabilità interno, le misure per la riduzione della spesa di personale e quelle in tema di società partecipate, limiti all’indebitamento, dismissioni patrimoniali, ecc..

Se al momento di avvio della procedura la situazione dell’ente non risulti allineata a tali prescrizioni è necessario che il piano contenga misure atte a consentirne il rispetto entro il primo periodo di attuazione del programma di risanamento.

E’altresì necessario che il piano contenga una quantificazione veritiera e attendibile dell’esposizione debitoria, in stretta ottemperanza a quanto previsto dalle norme che stabiliscono il contenuto obbligatorio del piano. A tale riguardo è necessario tenere presente l’art. 6 co. 4 del d.l. 6 luglio 2012, n. 95, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 135, che prevede l’allineamento con i dati contabili degli organismi partecipati.

Nel contesto delle misure necessarie ad assicurare il graduale riequilibrio finanziario, assume rilievo, tra le altre, la verifica della situazione di tutti gli organismi e delle società partecipate e dei relativi costi ed oneri, richiedendo l’adozione, ove non sia stato già provveduto, delle misure legislative di liquidazione e privatizzazione degli organismi partecipati secondo i criteri espressamente previsti.

La verifica del rispetto del complesso delle regole della gestione finanziaria imposte agli enti locali è un punto fermo nel corso della procedura di risanamento; infatti le situazioni di squilibrio si generano laddove ci si è discostati da criteri di sana gestione desumibili dalle norme e dai principi contabili e in molti casi laddove si siano generati fattori critici che non trovavano rappresentazione in bilancio.

Nella rilevazione dell’entità della situazione iniziale di squilibrio è, quindi, di assoluto rilievo un’attenta indagine sulla presenza di oneri latenti non adeguatamente considerati dall’Ente, in modo da poterne stimare le ricadute negli anni di svolgimento della procedura di risanamento.

Sul punto soccorrono ampiamente tutte le valutazioni effettuate dalle Sezioni regionali di controllo nel corso degli ultimi anni in tema di effettività dell’equilibrio esposto nei documenti contabili avendo considerazione di fenomeni quali: rinvio di contabilizzazione ad esercizi successivi; debiti fuori bilancio in attesa di riconoscimento; presenza di residui attivi vetusti; disallineamento nelle partite di giro e nei fondi vincolati; situazioni critiche delle società partecipate in corso di emersione; contenzioso ecc..

L’esigenza di dare immediato avvio alle attività finalizzate ai complessi adempimenti previsti dalla procedura per il riequilibrio pluriennale comporta che il primo schema di Linee Guida debba essere emesso tempestivamente e potrà essere suscettibile di adattamenti anche per via del necessario coordinamento con le Linee Guida degli organi di revisione per i bilanci 2013 e rendiconti 2012. Le nuove Linee Guida ex art. 243-bis del TUEL, superata la fase iniziale di avvio, dovranno essere, quindi, adeguatamente raccordate con le modalità di monitoraggio e controllo proprie delle Linee Guida degli organi di revisione, già ampiamente collaudate.

La nuova procedura rappresenta, nell’ambito dell’attuale problematico panorama della finanza locale, un utile rimedio per scongiurare la più grave situazione di dissesto. Tuttavia essa deve essere rigorosamente attuata e sottoposta a scrupolosi controlli sulla regolarità della gestione e sul puntuale procedere del percorso di risanamento, perché potrebbe rivelarsi un dannoso escamotage per evitare il trascinamento verso una situazione di dissesto da dichiarare ai sensi dell’art. 6, comma 2 del d.lgs. 149/2011, diluendo in un ampio arco di tempo soluzioni che andrebbero immediatamente attuate.


eugenio@piscino.it

vincenti

1029 Posts

Scritto - 05/01/2013 :  18:44:22  Vedi il profilo  Edit Reply  Rispondi quotando  Vedi l'indirizzo Ip dell'utente  Cancella la risposta
di Stefano Pozzoli

L' ispezione della Ragioneria generale dello Stato al Comune di Napoli, avvenuta in coincidenza con la richiesta dell'ente di accedere alla procedura di predissesto, offre lo spunto per una riflessione più generale su questa importante novità introdotta dal decreto enti locali, e subito stata oggetto di approfondimento da parte della Corte dei Conti (sezione delle autonomie).

La Corte, ovviamente, ha affrontato i temi di stretta competenza delle sezioni di controllo, che saranno appunto chiamate a giudicare i piani, e quindi si è concentrata essenzialmente sulla ammissibilità degli enti alla procedura e sulla formulazione dei piani di rientro. Ma le questioni che si aprono, deliberando l'avvio da parte del Comune del ricorso al predissesto, sono molte, alcune delle quali tutt'altro che indolori per quanto riguarda gli amministratori degli enti.

La prima è che il predissesto è anzitutto una norma di emersione delle patologie. Per rientrarvi occorre quindi essere in disavanzo e non solo in stato di insolvenza o di illiquidità: in sostanza, occorre ammettere che il rendiconto precedente non era veritiero, ad esempio perché viziato da un mantenimento di residui attivi a dir poco avventuroso.

Sarà pur vero che il riaccertamento dei residui contiene degli elementi di discrezionalità tecnica ma diventa difficile spiegare come, in buona fede, si possa passare da un avanzo presunto applicato al bilancio di previsione 2012 e scoprire poi che il rendiconto 2011 denuncia un disavanzo di centinaia di milioni.

In altre parole, si tratta di una autodenuncia, i cui effetti andranno valutati alla luce della lettura che ne darà non solo la magistratura sia contabile sia penale. La magistratura contabile, infatti, dovrà riflettere sugli effetti che vi possano essere sul patto di stabilità degli anni precedenti (con il rischio del ripetersi di quanto accaduto, per motivi diversi, ad Alessandria); la magistratura penale, invece, dovrà verificare se sussistono gli elementi del falso ideologico (ovvero di alterazione consapevole del bilancio del comune).

Un altro elemento importante è, ancora, quello degli effetti del piano di rientro che inevitabilmente poggerà anche sulle entrate, stimate, originate dal fondo rotativo, che potrà essere fino a 300 euro per abitante. Ma cosa accadrà se l'accesso al predissesto verrà negato o se lo stanziamento sarà minore? Occorre ricordare che se il predissesto è una facoltà, il dissesto, al contrario, è un obbligo e che quindi una volta avviata la procedura o questa sarà accordata oppure il default sarà di fatto una scelta obbligata.

Il caso del Comune di Napoli è, pertanto, da manuale, e la richiesta degli ispettori della Ragioneria di riaccertare altri 300 milioni di residui rischia davvero di portare il Comune al dissesto (con buona pace di chi ritiene che si possa rifiutare per scelta "politica").
È bene, ancora, sottolineare un altro aspetto di questa procedura. La cura che si propone per il piano di rientro è quella di tagliare le spese e di aumentare le entrate in misura tale non solo da riportare in bonis dei bilanci distrutti da anni di squilibrio occulto ma perfino per ripianare il disavanzo che è andato creandosi nel tempo.
Giustissimo in teoria, ma anche frutto di una scelta eccessivamente rigorista, che rischia di fare diventare i nostri Comuni tanti piccoli casi Grecia. Cosa può indurci a ritenere, infatti, che un ente che non riesce a riscuotere 100 possa, da domani, essere in grado di incassare 150 o 200? Un percorso preferibile al dissesto, certo, ma non facilmente realizzabile in aree spesso già stremate dalla crisi e dal default di fatto di tutti gli enti territoriali, dal Comune alla azienda sanitaria.

Sinceramente non siamo in grado di immaginare una alternativa a quanto previsto dal decreto enti locali. La norma è coraggiosa e opportuna. Ma altrettanto gravi sono i problemi che essa può comportare se il governo della procedura non sarà estremamente accorto.

ILSOLE24ORE

g.vincenti
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