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vincenti
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Scritto - 22/10/2012 : 14:16:01
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Gli stipendi pubblici e i rinnovi contrattuali sono congelati da più di due anni, ma mentre il Governo lavora per prolungare il blocco totale (indennità di vacanza contrattuale compresa) almeno fino al 2015, arriva una stecca pesante nel coro dell'austerità: a farla è la Corte costituzionale, che nella sentenza 223/2012 non si è limitata a cancellare il "contributo di solidarietà" a carico degli statali e a tagliare le indennità speciali dei magistrati, ma ha bocciato anche la trattenuta del 2,5% sul Tfr dei dipendenti pubblici, non imposta, invece, ai lavoratori del settore privato.
Con un duplice risultato: l'obbligo di restituzione degli arretrati, e un aumento in busta paga rispetto ai livelli previsti dalla manovra estiva del 2010 che aveva ingabbiato gli stipendi pubblici. Il 2,5% caduto sotto le forbici dei giudici delle leggi si calcola infatti sulla retribuzione del dipendente, comprese le indennità di posizione, e non sul solo accantonamento per il trattamento di fine rapporto o di fine servizio, per cui la novità può valere per i 3,3 milioni di dipendenti pubblici più di molti rinnovi contrattuali anche siglati in tempi più generosi degli attuali.
Per rendersene conto basta dare un'occhiata alle tabelle pubblicate qui a fianco, che fanno i conti in tasca alle figure-tipo che lavorano negli uffici dell'amministrazione centrale o negli enti locali. Per un impiegato di un ente territoriale, per esempio, la pronuncia costituzionale vale 332 euro netti di arretrati del 2011, 307 di competenza 2012 (i due valori sono diversi perché nel 2011 il Tfr era soggetto a tassazione separata, più leggera di quella ordinaria) e un incremento netto in busta paga da quasi 24 euro al mese.
Le cifre, naturalmente, salgono insieme alla posizione occupata dall'interessato nella gerarchia dell'amministrazione, e non solo per l'aumento dello stipendio di base. Se il dipendente è anche titolare di «posizione organizzativa», cioè in pratica ha la responsabilità di un ufficio, pur non essendo un dirigente, nel calcolo entrano anche i 12.911 euro dell'indennità di posizione, e il conto si gonfia: tra 2011 e 2012 l'arretrato vale mille euro, e l'aumento netto in busta si attesta poco sopra i 34 euro al mese.
Per un dirigente, la cifra in gioco raddoppia abbondantemente. Gli stessi calcoli si replicano nell'amministrazione centrale, dove a parità di qualifica gli stipendi sono più alti di quelli che si incassano nel territorio. Al vertice della piramide si incontrano i dirigenti di prima fascia, che dalla novità attendono 2.300 euro di arretrati e 80 euro al mese in più rispetto alla retribuzione ricevuta fino al mese scorso.
Un'ottima notizia, che soprattutto per questa categoria si accompagna all'addio, anch'esso retroattivo, al contributo di solidarietà che chiedeva il 5% della quota di retribuzione superiore a 90mila euro e il 10% di quella che supera quota 150mila euro. Pessima, invece, è la notizia letta con gli occhi delle amministrazioni e dei conti pubblici: negli uffici si è già avviata la macchina delle richieste di restituzione delle trattenute diventate illegittime ex post, le amministrazioni in genere prendono tempo in attesa di istruzioni ministeriali ma presto occorrerà mettere mano alla cassa.
A motivare la presa di posizione dei giudici costituzionali, che in un colpo solo hanno abbattuto tre pilastri centrali nella gabbia con cui la manovra estiva 2010 ha provato a imbrigliare i costi del pubblico impiego, ci sono ovvie ragioni di equità. La Corte ha richiamato gli articoli 3 e 53 della Costituzione, che tutelano la parità dei cittadini davanti alla legge e la proporzionalità fra le richieste fiscali e la capacità contributiva del singolo.
Un euro, spiegano i giudici, Costituzione alla mano, ha lo stesso valore sia quando va in tasca a uno statale sia quando finisce a un lavoratore privato, per cui deve essere sottoposto a una tassazione identica. Un principio chiaro, che ora impone al Governo di trovare strade nuove se vuole recuperare i risparmi caduti sotto i colpi della Corte.
FONTE: IL SOLE 24 ORE |
g.vincenti |
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vincenti
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Scritto - 22/10/2012 : 14:17:51
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La sentenza della Corte Costituzionale 223/2012 che ha dichiarato illegittima la norma del Dl 78/2010 relativa alla trattenuta sul Tfr rischia di far saltare i conti delle amministrazioni pubbliche in materia di personale. I giudici costituzionali non hanno portato solo vantaggi nelle tasche dei dipendenti pubblici, ma hanno anche inflitto un duro colpo alle casse comunali.
La norma bocciata Da dove nasce il pasticcio? Nasce dall'obiettivo di togliere un beneficio di cui i dipendenti pubblici godevano in materia di trattamento di fine servizio, se assunti prima del 2001, estendendo anche a questi lavoratori il regime del Tfr previsto nel Codice civile. In sostanza, fino al 2010, la normativa imponeva al datore di lavoro un accantonamento sull'80% della retribuzione lorda (che è la base su cui si calcola l'accantonamento del Tfr), con una trattenuta a carico del dipendente pari al 2,5%, calcolata sempre sul l'80% della retribuzione. La normativa pregressa prevedeva dunque un accantonamento determinato su una base di computo ridotta, e, a fronte di un miglior Tfr, esigeva la rivalsa sul dipendente.
Nell'assetto che si è determinato in seguito alla norma impugnata (Dl 78/2010, articolo 12, comma 10), la percentuale di accantonamento opera sull'intera retribuzione, con la conseguenza che il mantenimento della rivalsa sul dipendente, solo per i dipendenti pubblici, in assenza della «fascia esente», determina in un sol colpo una riduzione della retribuzione e la riduzione della quantità di Tfr maturata nel tempo.
Il legislatore aveva dunque dimenticato che, nel privato, tutti gli oneri sono a carico del datore di lavoro, mentre nei regimi pubblicistici era prevista appunto la ritenuta a carico del dipendente (il 2,5% sull'80% della retribuzione). L'illegittimità costituzionale si fonda sul principio di parità di trattamento fra i dipendenti pubblici e quelli privati, non sottoposti a rivalsa da parte del datore di lavoro.
L'impatto della sentenza Che cosa succede a questo punto? Le pubbliche amministrazioni non sono più legittimate a trattenere ai dipendenti la trattenuta ex Enpas, ex Inadel, e così via. Inoltre, dovranno restituire le stesse ritenute effettuate dal 1° gennaio 2011 fino a oggi. Infatti, l'articolo 136 della Costituzione prevede che la norma dichiarata incostituzionale cessa di avere effetto dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione.
Considerando che la sentenza è stata pubblicata il 17 ottobre 2012 (Gazzetta ufficiale, prima serie speciale, n. 41), l'applicazione inizierà con gli stipendi del mese di novembre, poiché gli stipendi di ottobre sono già stati elaborati. Peraltro, sembra non si possa sfuggire nemmeno al riconoscimento degli arretrati, poiché le sentenze hanno efficacia anche nei confronti dei rapporti sorti prima della dichiarazione di illegittimità, con la sola eccezione dei rapporti esauriti.
Gli enti dovranno dunque fare una variazione di bilancio per far fronte a questi oneri sopravvenuti, che sono quantificabili in una quota pari al 2% delle retribuzioni annue utili ai fini Tfr (che equivale al 2,5% dell'80% della retribuzione).
Questo vuol dire che, nel 2012, dovranno essere reperite le risorse per rimborsare le trattenute effettuate nel 2011, quelle già trattenute nella prima parte del 2012 e quelle non più recuperabili nel 2012 a fronte della sentenza. In pratica si tratta di circa il 4%, da calcolare non solo sullo stipendio tabellare ma anche sulle altre voci utili (come indennità di amministrazione e retribuzione di posizione). Gli enti si troveranno in enorme difficoltà o, più probabilmente, nella impossibilità di rispettare i vincoli sul contenimento della spesa di personale.
FONTE: IL SOLE 24 ORE |
g.vincenti |
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vincenti
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Scritto - 23/10/2012 : 15:31:09
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Si ingolfa prima di partire la macchina delle restituzioni ai dipendenti pubblici delle trattenute sul Tfr e degli altri tagli agli stipendi cancellati dalla Corte costituzionale nella sentenza 223/2012. Gli interessati hanno iniziato a chiedere i rimborsi alle amministrazioni di appartenenza, gli uffici a loro volta attendono lumi dalla Funzione pubblica che però guarda all'Economia in cerca di una soluzione. Alla fine della catena, l'applicazione della sentenza si può rivelare un rompicapo.
La partita più ampia riguarda la restituzione delle trattenute sul Tfr, che in pratica rialza del 2,5% la retribuzione dipendenti pubblici: la Corte ha bocciato la norma perché la trattenuta non esiste nel settore privato, e quindi la sua applicazione determina una disparità di trattamento illegittima in ambito fiscale. Proprio la collocazione della partita sul terreno fiscale, però, spinge le amministrazioni ad attendere le istruzioni di Economia ed Entrate, titolari della materia.
Ancor più intricata la questione del «contributo di solidarietà» sugli stipendi superiori a 90mila euro. La sua applicazione, dal 2010 a oggi, ha però modificato gli imponibili Irpef degli statali interessati, che quindi devono ricevere gli arretrati ma sono chiamati anche a subire un conguaglio Irpef (addizionali comprese) sull'imponibile "riemerso" dalla tagliola. Finora le amministrazioni hanno agito come sostituto d'imposta, trattenendo ogni mese la quota richiesta dal contributo di solidarietà, ma per fare macchina indietro occorrono indicazioni chiare che al momento mancano. Senza contare le coperture da trovare in bilancio per avviare le restituzioni (comprese quelle delle indennità speciali dei magistrati, terza voce dell'austerity cancellata dalla Corte), che potrebbe impegnare Governo e Parlamento nel corso dell'esame del Ddl stabilità.
Intanto la Ragioneria generale, nella circolare 30/2012 diffusa ieri, ha completato il quadro delle istruzioni per il tetto agli stipendi pubblici, che non possono superare i 294mila euro percepiti dal primo presidente della corte di Cassazione, e per le retribuzioni per incarichi extra, che non possono superare il 25% dello stipendio d'origine. Il tetto, precisa la Ragioneria, opera dal 23 dicembre scorso, data di entrata in vigore della legge «salva-Italia» che l'ha introdotto, e i versamenti al bilancio dello Stato vanno effettuati dall'amministrazione di appartenenza o da quella che ha affidato l'incarico.
FONTE: IL SOLE 24 ORE |
g.vincenti |
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piscino
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Scritto - 25/10/2012 : 21:29:58
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Segnalo l'intervento dell'ANCI.
Un pronunciamento del ministero dell’Economia in merito agli effetti della sentenza della Corte Costituzionale n. 223/2012, che ha dichiarato l’illegittimita’ costituzionale della trattenuta sul tfr dei dipendenti pubblici operata dal dl 78/2010. E’ questa la richiesta contenuta nella lettera che il Presidente dell’ANCI, Graziano Delrio ha inviato al Ministro dell’Economia, Vittorio Grilli.
Dopo aver ricordato che ‘’secondo il ragionamento della Corte, la disposizione viola gli articoli 3 e 36 della Costituzione in quanto la stessa consente allo Stato una riduzione dell’accantonamento, irragionevole perche’ non collegata con la qualita’ e quantita’ del lavoro prestato e perche’, a parita’ di retribuzione, ‘determina un ingiustificato trattamento deteriore dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, non sottoposti a rivalsa da parte del datore di lavoro’’’ Delrio evidenzia il fatto che ‘’gli effetti di tale pronuncia hanno un impatto fortissimo sui bilanci dei Comuni; si tratta complessivamente di circa 200 milioni di euro, il cui esborso da parte di ciascuna Amministrazione rischia di portare al dissesto i piccoli Comuni e si scontra con i vigenti limiti in materia di spese di personale e con i cogenti vincoli in materia di Patto di stabilita’’’.
Da qui la richiesta che il Presidente Delrio rivolge al Ministro Grilli ‘’di volersi esprimere in merito alle conseguenti determinazioni da assumere data la rilevanza della situazione e i profili di responsabilita’ ad essa connessi’’ |
eugenio@piscino.it |
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piscino
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Scritto - 25/10/2012 : 21:36:13
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Pubblico un intervento di Gianluca Bertagna (www.gianlucabertagna.it) e di Personale News di Publika.it
Continuano ad arrivare diverse mail di richiesta di chiarimento sulla Sentenza n. 223/2012 della Corte Costituzionale.
Riporto di seguito un estratto del primo commento che ha predisposto Personale News.
Aggiungo qualche considerazione più operativa, sottolineando che si tratta davvero di parole ad alta voce.
- Nel mese di novembre non applicare più le ritenute in capo ai dipendenti, ma versare il contributo a totale carico dell’ente;
- Nel frattempo prevedere le risorse di bilancio per la corresponsione degli arretrati. Tale maggior spesa dovrà essere reperita e stanziata in occasione delle variazioni di bilancio per l’assestamento (da approvare entro il 30 novembre).
- A dicembre corrispondere gli arretrati dal 1.1.2011 (la giustificazione di attendere a dicembre è dovuta proprio al fatto che l’ente deve reperire le risorse e quindi attendere l’assestamento di bilancio).
Fatto questo, si entra nel campo della SPERANZA o della PREGHIERA con dita incrociate incorporate:
- Speriamo che il Governo faccia qualcosa;
- Speriamo che la RGS o l’Inps Ex Inpdap dicano qualcosa;
- Speriamo di non sforare le spese di personale (che vietano poi le assunzioni e gli incrementi di parte variabile del fondo).
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Ecco il primo commento di Personale News a cura di Mario Ferrari.
Innanzi tutto evidenziamo che la parte di sentenza che dichiara l’incostituzionalità dell’articolo 12, comma 10, è quello che si definisce di tipo “additivo”. Le sentenze “additive”, sono quelle che colpiscono la norma nella parte in cui è carente di una previsione[1], di conseguenza la sentenza aggiunge alla norma qualcosa che il legislatore aveva omesso.
La norma prevedeva: “Con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1 gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per i quali il computo dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, in riferimento alle predette anzianità contributive non è già regolato in base a quanto previsto dall’articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto, il computo dei predetti trattamenti di fine servizio si effettua secondo le regole di cui al citato articolo 2120 del codice civile, con applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento”. La norma pertanto stabiliva il passaggio al regime di trattamento di fine rapporto (TFR) pro-quota, a partire dal 1° gennaio 2011, di tutto il personale che si trovava ancora in regime di trattamento di fine servizio.
In particolare nel ricorso presentato si esponeva che la “estensione del regime di cui all’art. 2120 cod. civ. (ai fini del computo dei trattamenti di fine servizio) sulle anzianità contributive maturate a fare tempo dal 1º gennaio 2011, con applicazione dell’aliquota del 6,91%, avrebbe dovuto comportare il venire meno della trattenuta a carico del dipendente pari al 2,50% della base contributiva della buonuscita, costituita dall’80% dello stipendio”[2].
È noto che l’allora INPDAP non ritenne avvenuto tale effetto abrogativo e pertanto non emanò alcuna disposizione che autorizzasse le amministrazioni a sospendere il prelievo da riversare nelle casse dell’ente previdenziale[3].
Si deve ricordare che su tale materia vi era già stata una pronuncia giurisprudenziale favorevole ai dipendenti[4], il TAR Calabria aveva accertato l’illegittimità, a decorrere dal 1° gennaio 2011, del perdurare del prelievo del 2,50% sull’80% della retribuzione (sin qui operato a titolo di rivalsa sull’accantonamento per l’indennità di buonuscita), e aveva condannato l’amministrazione intimata alla restituzione degli accantonamenti già eseguiti, con rivalutazione monetaria ed interessi legali.
La Corte costituzionale nella sua sentenza osserva che “fino al 31 dicembre 2010 la normativa imponeva al datore di lavoro pubblico un accantonamento complessivo del 9,60% sull’80% della retribuzione lorda, con una trattenuta a carico del dipendente pari al 2,50%, calcolato sempre sull’80% della retribuzione. La differente normativa pregressa prevedeva dunque un accantonamento determinato su una base di computo inferiore e, a fronte di un miglior trattamento di fine rapporto, esigeva la rivalsa sul dipendente di cui si discute. Nel nuovo assetto dell’istituto determinato dalla norma impugnata, invece, la percentuale di accantonamento opera sull’intera retribuzione, con la conseguenza che il mantenimento della rivalsa sul dipendente, in assenza peraltro della ‘fascia esente’, determina una diminuzione della retribuzione e, nel contempo, la diminuzione della quantità del TFR maturata nel tempo”.
Quindi conclude che, consentendo “… allo Stato una riduzione dell’accantonamento, irragionevole perché non collegata con la qualità e quantità del lavoro prestato e perché – a parità di retribuzione – determina un ingiustificato trattamento deteriore dei dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, non sottoposti a rivalsa da parte del datore di lavoro, la disposizione impugnata viola per ciò stesso gli articoli 3 e 36 della Costituzione”.
A questo punto occorre una doverosa precisazione, la sentenza dichiara l’illegittimità della norma “nella parte in cui non esclude l’applicazione a carico del dipendente della rivalsa pari al 2,50% della base contributiva, prevista dall’art. 37, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032”. Tale norma è specifica per la “indennità di buonuscita”[5] del personale statale. Per gli enti locali l’istituto è denominato “indennità premio di servizio”[6] e la norma regolatrice è la legge 8 marzo 1968, n. 152, che, all’articolo 11, fissa la ritenuta nella medesima percentuale.
Una interpretazione letterale della sentenza potrebbe fare ritenere che essa sia applicabile ai soli dipendenti ai quali si applica la legge 1032/1973. Considerando che gli effetti sono i medesimi, anche se le norme sono costruite in modo differente[7], è da ritenere che la sentenza della Corte costituzionale elimini la trattenuta anche per i dipendenti in regime di indennità premio di servizio.
Per i dipendenti già in regime di trattamento di fine rapporto TFR le considerazioni sono ancora differenti. Per questi lavoratori non dovrebbe venir più applicata la riduzione della retribuzione prevista dal d.p.c.m. 20 dicembre 1999[8]. Ciò come effetto indiretto della sentenza, infatti la riduzione ha il suo fondamento nell’evitare discriminazioni stipendiali tra nuovi e vecchi iscritti.
Come si può vedere i dubbi sono tanti e, anche quando saranno dissipati, dal punto di vista operativo questa parte della sentenza comporta adempimenti complessi in quanto vi è da dirimere il rapporto con l’ente previdenziale.
Se verranno confermati dall’ente previdenziale gli effetti della sentenza nei confronti dei dipendenti degli enti locali, il prelievo del 2,50% sull’80% della retribuzione imponibile (o la riduzione del 2% della retribuzione) non può più essere effettuato. Per quanto riguarda il rimborso ai dipendenti della trattenuta effettuata a partire dal gennaio 2011, prima di provvedere occorrerà sicuramente attendere qualche chiarimento da parte dell’INPS gestione ex-INPDAP, per quanto attiene le modalità di recupero o di compensazione dei versamenti effettuati.
Tutto questo sempre che il Governo non trovi una soluzione legislativa al problema finanziario creato dalla Consulta, come previsto nei primi commenti apparsi sulla stampa[9].
[1] Per i cultori del diritto costituzionale segnaliamo un significativo lavoro sulle sentenze additive della Corte costituzionale disponibile al link: http://www.cortecostituzionale.it/documenti/convegni_seminari/STU199_Omissione_legislatore.pdf
[2] Tale trattenuta viene operata a titolo di rivalsa sull’accantonamento per l’indennità di buonuscita, ai sensi dell’art. 37 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032.
[3] Nella circolare n. 17 dell’8 ottobre 2010, mediante la quale l’INPDAP forniva chiarimenti in merito alle novità introdotte dal d.l. 78/2010, convertito in legge 122/2010, nulla si diceva in merito alla sospensione della trattenuta.
[4] TAR Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, sentenza n. 53 del 18 gennaio 2012.
[5] L’indennità di buonuscita sul sito dell’INPS gestione ex-INPDAP: http://www.inpdap.gov.it/wps/wcm/connect/internet/internet/inpdap/prestazioni/previdenzaobbligatoria/indennitapremioservizio/indennitabuonuscita/
[6] L’indennità premio di servizio sul sito dell’INPS gestione ex-INPDAP: http://www.inpdap.gov.it/wps/wcm/connect/internet/internet/inpdap/prestazioni/previdenzaobbligatoria/indennitapremioservizio/contenutiindennitapremioservizio/
[7] Secondo l’articolo 11 della legge 152/1968 non vi è una “rivalsa”, ma il contributo è “ripartito tra enti e iscritti”.
[8] Ricordiamo che tutto il personale assunto a tempo indeterminato dopo il 31 dicembre 2000, è già in regime di trattamento di fine rapporto (TFR) e ad esso non si applica il contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base retributiva previsto dalle norme sulla IBU/IPS, ma si applica una riduzione della retribuzione lorda “in misura pari al contributo previdenziale obbligatorio soppresso e contestualmente viene stabilito un recupero in misura pari alla riduzione attraverso un corrispondente incremento figurativo ai fini previdenziali e dell’applicazione delle norme sul trattamento di fine rapporto, a ogni fine contrattuale nonché per la determinazione della massa salariale per i contratti collettivi nazionali” (art. 1, del d.p.c.m. 20 dicembre 1999).
[9] Cfr. Cifoni Luca, “Grana Tfr, due miliardi da restituire ma ora il governo prende tempo”, Il Mattino, 14 ottobre 2012, p. 7. Cifoni Luca, “In arrivo norme anti-Consulta su stipendi e Tfr degli statali”, Il Messaggero, 15 ottobre 2012, p.2-3.
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eugenio@piscino.it |
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vincenti
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Scritto - 28/10/2012 : 09:00:01
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La restituzione ai dipendenti pubblici delle trattenute del 2,5% per il trattamento di fine servizio dichiarate illegittime dalla Corte costituzionale rischia di far saltare i conti dei Comuni, soprattutto quelli medio-piccoli. La partita, ha scritto ieri il presidente del l'Anci Graziano Delrio al ministro dell'Economia Vittorio Grilli, vale almeno 200 milioni di euro, e per evitare ai sindaci uno "sforamento obbligato" del Patto di stabilità e dei vincoli di spesa sul personale bisogna subito mettere mano a una soluzione. Anche perché, si legge nella lettera, «la rilevanza della situazione e i profili di responsabilità a essa connessi» non consentono ritardi, tanto più che nei piccoli Comuni l'obbligo di restituzione può addirittura «portare al dissesto».
Il problema è quello sollevato dalla sentenza 223/2012, con cui la Corte costituzionale ha bocciato «per evidenti ragioni di equità» una serie sacrifici imposti solo ai dipendenti pubblici e non a quelli privati. Tra le regole cadute sotto le forbici della Consulta, il «contributo di solidarietà» (taglio del 5% della quota di stipendio superiore ai 90mila euro annui e del 10% di quella superiore a 150mila euro) interessa soprattutto i vertici di Stato e Regioni, mentre la trattenuta del 2,5% per il Tfr si fa sentire parecchio anche dalla parte dei Comuni. A un impiegato di un ente locale, la cancellazione della trattenuta offre circa 24 euro netti al mese in più, e impone la restituzione di 670 euro prelevati fra 2011 e 2012: nel caso di un dirigente, gli euro al mese in più possono salire a 78 e gli arretrati netti a 2.238.
Gli amministratori locali naturalmente non contestano il merito della sentenza, ma lanciano l'allarme sulle conseguenze contabili dell'obbligo di restituzione. Oltre al rischio-dissesto dei piccoli enti, dove i bilanci sono più tirati, l'aumento di spesa impatta ovviamente anche sui limiti alle uscite per il personale e sui vincoli del Patto di stabilità.
Intanto, nonostante le obiezioni parlamentari (si vedano gli articoli in primo piano), si stringe la maglia dei controlli aggiuntivi introdotti dal Dl 174/2012. La sezione Autonomie della Corte dei conti ieri ha fissato il calendario e i primi indirizzi attuativi delle nuove norme: in particolare, sono state definite le modalità applicative sull'esame dei bilanci preventivi delle Regioni e sul controllo preventivo di regolarità degli atti regionali, mentre per i Comuni le verifiche puntano soprattutto sugli appuntamenti semestrali di controllo delle gestioni sulla base delle relazioni inviate dai sindaci.
FONTE: IL SOLE 24 ORE |
g.vincenti |
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piscino
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Scritto - 28/10/2012 : 19:15:50
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Il Consiglio dei Ministri si è riunito oggi alle 10.30 a Palazzo Chigi, sotto la presidenza del Presidente del Consiglio, Mario Monti.
Segretario il Sottosegretario di Stato alla Presidenza, Antonio Catricalà.
Il Consiglio dei Ministri in apertura di seduta ha osservato un minuto di raccoglimento per commemorare il Caporale Tiziano Chierotti, caduto durante l’attacco a Bakwa (Afghanistan).
Il Consiglio ha poi formulato l’auspicio che la data delle elezioni amministrative per il Consiglio regionale del Lazio sia fissata dal Presidente della Regione al più presto, in armonia con il parere espresso dall’Avvocatura Generale dello Stato: 90 giorni dallo scioglimento del Consiglio.
Il Consiglio dei Ministri ha inoltre deliberato la costituzione di parte civile del Governo all’udienza preliminare del procedimento penale dinanzi al Tribunale di Palermo a carico di Bagarella Leoluca Biagio e degli altri 11 imputati per i capi di imputazione di interesse dello Stato.
Il Consiglio ha poi approvato un decreto legge che, in attuazione della recente sentenza della Corte costituzionale n. 223 del 2012, ripristina la disciplina del trattamento di fine servizio nei riguardi del personale interessato dalla pronuncia.
Per quanto riguarda le altre parti della sentenza della Consulta, il Consiglio ha stabilito che si procederà in via amministrativa attraverso un DPCM ai sensi della legislazione vigente.
Il Consiglio dei Ministri ha avviato l’esame di un decreto contenente misure urgenti in favore della popolazione siriana e dei rifugiati nei Paesi limitrofi assumendo la decisione di riservare agli interventi umanitari riguardanti la Siria un elevatissimo livello di priorità.
Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva, dopo aver acquisito il parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti, il regolamento sulle “quote rosa” nei consigli di amministrazione e di controllo delle società pubbliche costituite in Italia (cfr. comunicato stampa n. 41 del 3 agosto 2012). |
eugenio@piscino.it |
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fa1974
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Scritto - 31/10/2012 : 11:38:58
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RITORNO AL PASSATO !!!!
DECRETO-LEGGE 29 ottobre 2012 , n. 185 Disposizioni urgenti in materia di trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici. (12G0207) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione; Vista la sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 2012; Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di emanare misure finalizzate a salvaguardare gli obiettivi di finanza pubblica; Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 26 ottobre 2012; Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell'economia e delle finanze e del Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione; Emana il seguente decreto-legge: Art. 1 1. Al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 2012 e di salvaguardare gli obiettivi di finanza pubblica, l'articolo 12, comma 10, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, e' abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2011. I trattamenti di fine servizio, comunque denominati, liquidati in base alla predetta disposizione prima della data di entrata in vigore del presente decreto sono riliquidati d'ufficio entro un anno dalla predetta data ai sensi della disciplina vigente prima dell'entrata in vigore del citato articolo 12, comma 10, e, in ogni caso, non si provvede al recupero a carico del dipendente delle eventuali somme gia' erogate in eccedenza. Ai maggiori oneri derivanti dal presente comma valutati in 1 milione di euro per l'anno 2012, 7 milioni di euro per l'anno 2013, 13 milioni di euro per l'anno 2014 e in 20 milioni di euro a decorrere dall'anno 2015, si provvede: a) quanto a 1 milione di euro per l'anno 2012 mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all'articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307; b) quanto a 7 milioni di euro per l'anno 2013, a 13 milioni per l'anno 2014 e a 20 milioni annui a decorrere dal 2015, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell'ambito del programma "Fondi di riserva e speciali" della missione "Fondi da ripartire" dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per 7 milioni di euro per l'anno 2013 e l'accantonamento relativo al Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca per 20 milioni di euro a decorrere dal 2014. 2. Il Ministro dell'economia e delle finanze e' autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio. 3. I processi pendenti aventi ad oggetto la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base contributiva utile prevista dall'articolo 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dall'articolo 37 del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, si estinguono di diritto; l'estinzione e' dichiarata con decreto, anche d'ufficio; le sentenze eventualmente emesse, fatta eccezione per quelle passate in giudicato, restano prive di effetti. Art. 2 1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sara' presentato alle Camere per la conversione in legge. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara' inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addi' 29 ottobre 2012 NAPOLITANO Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri Grilli, Ministro dell'economia e delle finanze Patroni Griffi, Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione Visto, il Guardasigilli: Severino |
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85st
648 Posts |
Scritto - 01/11/2012 : 14:21:04
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Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 254 del 30 ottobre ed entra in vigore oggi il Decreto Legge 29 ottobre 2012 n. 185 che contiene disposizioni urgenti in materia di trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici. Con il il Decreto il Governo rispolvera il trattamento di fine servizio, dando attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 233/2012 che ha dichiarato incostituzionale sia il prelievo contributivo del 2,50% del Tfr dei dipendenti pubblici, sia il contributo di solidarietà del 5 e del 10% sulla parte eccedente rispettivamente i 90 e i 150 mila euro lordi annui. Il Decreto Legge prevede che l'articolo 12, comma 10, del D.L. "anticrisi" del 2010 venga abrogato dal 1° gennaio 2011. |
Valeriana |
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vincenti
1029 Posts |
Scritto - 10/11/2012 : 11:12:40
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Ritorno al trattamento di fine servizio
di Andrea Bonato e Cristina Bortoletto da www.gianlucabertagna.it
A seguito della recente sentenza della Corte costituzionale n. 223 dell’11 ottobre 2012[1], nella seduta del 26 ottobre 2012 il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto-legge, poi pubblicato in Gazzetta ufficiale il 30 ottobre 2012[2] ed in vigore dal 31 ottobre.
Tale decreto opera relativamente ad una sola delle dichiarazioni di illegittimità costituzionale, mentre per le altre norme dichiarate illegittime il comunicato stampa del Governo informava che: “si procederà in via amministrativa attraverso un DPCM ai sensi della legislazione vigente”[3].
Nei pochi giorni intercorsi tra l’annuncio sul sito del Governo e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale si sono rincorse sulla stampa e sul web le interpretazioni più disparate. Probabilmente a causa della scarsa conoscenza delle norme specifiche, qualche commentatore aveva frainteso gli effetti del decreto e, anche sulla stampa specializzata, c’è stato chi ha scritto di una restituzione delle somme trattenute ai dipendenti.
Vediamo cosa dice in effettila norma. L’articolo 1 del decreto-legge 29 ottobre 2012, n. 185 dispone:
“1. Al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 2012 e di salvaguardare gli obiettivi di finanza pubblica, l’articolo 12, comma 10, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2011. I trattamenti di fine servizio, comunque denominati, liquidati in base alla predetta disposizione prima della data di entrata in vigore del presente decreto sono riliquidati d’ufficio entro un anno dalla predetta data ai sensi della disciplina vigente prima dell’entrata in vigore del citato articolo 12, comma 10, e, in ogni caso, non si provvede al recupero a carico del dipendente delle eventuali somme già erogate in eccedenza. Ai maggiori oneri derivanti dal presente comma valutati in 1 milione di euro per l’anno 2012, 7 milioni di euro per l’anno 2013, 13 milioni di euro per l’anno 2014 e in 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015, si provvede:
a) quanto a 1 milione di euro per l’anno 2012 mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;
b) quanto a 7 milioni di euro per l’anno 2013, a 13 milioni per l’anno 2014 e a 20 milioni annui a decorrere dal 2015, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell’ambito del programma ‘Fondi di riserva e speciali’ della missione ‘Fondi da ripartire’ dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per 7 milioni di euro per l’anno 2013 e l’accantonamento relativo al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca per 20 milioni di euro a decorrere dal 2014.
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.
3. I processi pendenti aventi ad oggetto la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base contributiva utile prevista dall’articolo 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dall’articolo 37 del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, si estinguono di diritto; l’estinzione è dichiarata con decreto, anche d’ufficio; le sentenze eventualmente emesse, fatta eccezione per quelle passate in giudicato, restano prive di effetti”.
Come si vede il decreto ha abrogato, con efficacia retroattiva al 1° gennaio 2011, l’articolo 12, comma 10, del d.l. 78/2010[4]. La norma fissava, per i dipendenti pubblici in regime di trattamento di fine servizio[5] (TFS), il passaggio al regime di trattamento di fine rapporto (TFR), pro-quota dal 1° gennaio 2011.
Per effetto dell’intervento del Governo rivive la normativa precedente e automaticamente la trattenuta mensile del 2,5% sull’80% della retribuzione utile (2% sul totale della retribuzione utile) riacquista la conformità alla Costituzione, che la sentenza della Corte costituzionale aveva ritenuto mancasse nel regime recato dal d.l. 78/2010.
Tale norma blocca, di fatto, la restituzione ai dipendenti delle somme trattenute in forza di legge, dal 1° gennaio 2011 e fino alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale della sentenza della Corte costituzionale n. 223/2012. Del resto, come avevano prospettato alcuni commentatori, tale restituzione e i futuri mancati introiti (alcuni miliardi di euro) avrebbero pesato troppo sulle casse dell’ente previdenziale e delle amministrazioni interessate, mentre l’esborso previsto dal decreto si limita a qualche decina di milioni di euro.
Entro un anno dall’entrata in vigore del decreto-legge i trattamenti di fine servizio liquidati secondo la normativa previgente saranno riliquidati d’ufficio secondo le regole operanti prima della riforma introdotta dal d.l. 78/2010. In nessun caso, comunque, verrà richiesto il recupero di eventuali maggiori somme già erogate ai dipendenti, nel caso in cui il TFR sia stato più favorevole rispetto al trattamento di fine servizio.
Il comma 3, infine, dispone in merito ai “processi pendenti aventi ad oggetto la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento” dichiarandoli estinti di diritto e pertanto le “sentenze eventualmente emesse, fatta eccezione per quelle passate in giudicato, restano prive di effetti”.
[1] Si veda: Ferrari Mario, “La sentenza della Corte costituzionale n. 223 dell’11 ottobre2012”, Personale News, n. 20/2012, pp. 4-7.
[2] Decreto-legge 29 ottobre 2012, n. 185 recante “Disposizioni urgenti in materia di trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici”.
[3] Si veda il Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 51 del 26 ottobre 2012 al link: http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=69589
[4]La norma disponeva: “Con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1 gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per i quali il computo dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, in riferimento alle predette anzianità contributive non è già regolato in base a quanto previsto dall’articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto, il computo dei predetti trattamenti di fine servizio si effettua secondo le regole di cui al citato articolo 2120 del codice civile, con applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento”.
[5] “Indennità di buonuscita” per i dipendenti statali e “Indennità premio di servizio” per i dipendenti degli enti locali.
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g.vincenti |
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85st
648 Posts |
Scritto - 14/11/2012 : 17:07:00
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Ritorno al trattamento di fine servizio
di Andrea Bonato e Cristina Bortoletto
dal sito www.gianlucabertagna.it
A seguito della recente sentenza della Corte costituzionale n. 223 dell’11 ottobre 2012[1], nella seduta del 26 ottobre 2012 il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto-legge, poi pubblicato in Gazzetta ufficiale il 30 ottobre 2012[2] ed in vigore dal 31 ottobre.
Tale decreto opera relativamente ad una sola delle dichiarazioni di illegittimità costituzionale, mentre per le altre norme dichiarate illegittime il comunicato stampa del Governo informava che: “si procederà in via amministrativa attraverso un DPCM ai sensi della legislazione vigente”[3].
Nei pochi giorni intercorsi tra l’annuncio sul sito del Governo e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale si sono rincorse sulla stampa e sul web le interpretazioni più disparate. Probabilmente a causa della scarsa conoscenza delle norme specifiche, qualche commentatore aveva frainteso gli effetti del decreto e, anche sulla stampa specializzata, c’è stato chi ha scritto di una restituzione delle somme trattenute ai dipendenti.
Vediamo cosa dice in effettila norma. L’articolo 1 del decreto-legge 29 ottobre 2012, n. 185 dispone:
“1. Al fine di dare attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale n. 223 del 2012 e di salvaguardare gli obiettivi di finanza pubblica, l’articolo 12, comma 10, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, è abrogato a decorrere dal 1° gennaio 2011. I trattamenti di fine servizio, comunque denominati, liquidati in base alla predetta disposizione prima della data di entrata in vigore del presente decreto sono riliquidati d’ufficio entro un anno dalla predetta data ai sensi della disciplina vigente prima dell’entrata in vigore del citato articolo 12, comma 10, e, in ogni caso, non si provvede al recupero a carico del dipendente delle eventuali somme già erogate in eccedenza. Ai maggiori oneri derivanti dal presente comma valutati in 1 milione di euro per l’anno 2012, 7 milioni di euro per l’anno 2013, 13 milioni di euro per l’anno 2014 e in 20 milioni di euro a decorrere dall’anno 2015, si provvede:
a) quanto a 1 milione di euro per l’anno 2012 mediante corrispondente riduzione della dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica economica di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;
b) quanto a 7 milioni di euro per l’anno 2013, a 13 milioni per l’anno 2014 e a 20 milioni annui a decorrere dal 2015, mediante corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2012-2014, nell’ambito del programma ‘Fondi di riserva e speciali’ della missione ‘Fondi da ripartire’ dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2012, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero del lavoro e delle politiche sociali per 7 milioni di euro per l’anno 2013 e l’accantonamento relativo al Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca per 20 milioni di euro a decorrere dal 2014.
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.
3. I processi pendenti aventi ad oggetto la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento della base contributiva utile prevista dall’articolo 11 della legge 8 marzo 1968, n. 152, e dall’articolo 37 del testo unico delle norme sulle prestazioni previdenziali a favore dei dipendenti civili e militari dello Stato di cui al decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1032, si estinguono di diritto; l’estinzione è dichiarata con decreto, anche d’ufficio; le sentenze eventualmente emesse, fatta eccezione per quelle passate in giudicato, restano prive di effetti”.
Come si vede il decreto ha abrogato, con efficacia retroattiva al 1° gennaio 2011, l’articolo 12, comma 10, del d.l. 78/2010[4]. La norma fissava, per i dipendenti pubblici in regime di trattamento di fine servizio[5] (TFS), il passaggio al regime di trattamento di fine rapporto (TFR), pro-quota dal 1° gennaio 2011.
Per effetto dell’intervento del Governo rivive la normativa precedente e automaticamente la trattenuta mensile del 2,5% sull’80% della retribuzione utile (2% sul totale della retribuzione utile) riacquista la conformità alla Costituzione, che la sentenza della Corte costituzionale aveva ritenuto mancasse nel regime recato dal d.l. 78/2010.
Tale norma blocca, di fatto, la restituzione ai dipendenti delle somme trattenute in forza di legge, dal 1° gennaio 2011 e fino alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale della sentenza della Corte costituzionale n. 223/2012. Del resto, come avevano prospettato alcuni commentatori, tale restituzione e i futuri mancati introiti (alcuni miliardi di euro) avrebbero pesato troppo sulle casse dell’ente previdenziale e delle amministrazioni interessate, mentre l’esborso previsto dal decreto si limita a qualche decina di milioni di euro.
Entro un anno dall’entrata in vigore del decreto-legge i trattamenti di fine servizio liquidati secondo la normativa previgente saranno riliquidati d’ufficio secondo le regole operanti prima della riforma introdotta dal d.l. 78/2010. In nessun caso, comunque, verrà richiesto il recupero di eventuali maggiori somme già erogate ai dipendenti, nel caso in cui il TFR sia stato più favorevole rispetto al trattamento di fine servizio.
Il comma 3, infine, dispone in merito ai “processi pendenti aventi ad oggetto la restituzione del contributo previdenziale obbligatorio nella misura del 2,5 per cento” dichiarandoli estinti di diritto e pertanto le “sentenze eventualmente emesse, fatta eccezione per quelle passate in giudicato, restano prive di effetti”.
[1] Si veda: Ferrari Mario, “La sentenza della Corte costituzionale n. 223 dell’11 ottobre2012”, Personale News, n. 20/2012, pp. 4-7.
[2] Decreto-legge 29 ottobre 2012, n. 185 recante “Disposizioni urgenti in materia di trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici”.
[3] Si veda il Comunicato stampa del Consiglio dei Ministri n. 51 del 26 ottobre 2012 al link: http://www.governo.it/Governo/ConsiglioMinistri/dettaglio.asp?d=69589
[4]La norma disponeva: “Con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1 gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell’articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per i quali il computo dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, in riferimento alle predette anzianità contributive non è già regolato in base a quanto previsto dall’articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto, il computo dei predetti trattamenti di fine servizio si effettua secondo le regole di cui al citato articolo 2120 del codice civile, con applicazione dell’aliquota del 6,91 per cento”.
[5] “Indennità di buonuscita” per i dipendenti statali e “Indennità premio di servizio” per i dipendenti degli enti locali.
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Valeriana |
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