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85st
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Scritto - 26/02/2012 : 14:44:09
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Con la sentenza n. 803, depositata il 16 febbraio scorso, il Consiglio di Stato (Sezione V) consolida l'orientamento giurisprudenziale secondo cui la revoca dell'incarico di assessore può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrativa.
In particolare, un comune in provincia di Cosenza proponeva appello avverso la sentenza del Tar Calabria con la quale era stato accolto il ricorso proposto da un assessore contro l'atto di revoca dalla sua carica, disposto con decreto del sindaco per "mutate esigenze programmatiche". L'amministrazione appellante criticava la decisione del Tar deducendo che la revoca dell'incarico di assessore è rimessa alle valutazioni ampiamente discrezionali di carattere politico-amministrativo del sindaco e la sola motivazione che la legge richiede è quella della comunicazione della revoca al consiglio comunale (che, nell'occasione, era stata fornita).
Il Consiglio di Stato, non discostandosi dal consolidato compendio dei principi elaborati dalla giurisprudenza, accoglie l'appello in quanto "attesa la natura ampiamente discrezionale del provvedimento di revoca dell'incarico di assessore, la relativa motivazione può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico-amministrativa rimesse in via esclusiva al vertice dell'ente, in quanto aventi un incarico fiduciario". |
Valeriana |
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85st
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Scritto - 13/03/2012 : 14:55:34
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Le motivazioni per la revoca degli assessori di Arturo Bianco
Il provvedimento di revoca di un assessore costituisce un atto che ha natura sostanzialmente politica, anche se in termini formali esso è da considerare soggetto a specifici vincoli di carattere procedurale. La prevalenza del dato sostanziale su quello formale determina, pertanto, la conseguenza che esso non è di regola sindacabile per ragioni formali o procedurali da parte della magistratura amministrativa. Possono essere così riassunti i principi di maggiore rilievo che sono contenuti nella sentenza della quinta sezione del Consiglio di Stato n. 1053 dello scorso 23 febbraio.
LA NATURA POLITICA Per la quinta sezione del Consiglio di Stato “gli atti di nomina e revoca degli assessori degli enti territoriali non hanno natura politica in quanto non sono liberi nella scelta dei fini essendo sostanzialmente rivolti al miglioramento della compagine di ausilio al vertice dell’ente e sottoposti alle eventuali specifiche prescrizioni dettate dalle fonti primarie e secondarie (in particolare gli statuti degli enti medesimi)”. E’ questa la prima indicazione che è affermata dalla sentenza. La seconda indicazione è la seguente: “la valutazione degli interessi coinvolti nel procedimento di revoca di un assessore è rimessa in via esclusiva al titolare politico dell’amministrazione, cui competono in via autonoma la scelta e la responsabilità della compagine di cui avvalersi per l’amministrazione dell’ente nell’interesse della comunità locale”: in questo modo si fissano gli ambiti dell’atto, sottolineandone la specificità. Infatti, sul terreno formale non siamo in presenza di un mero atto politico, quindi assolutamente libero da ogni formalità, ma di un provvedimento amministrativo. Ma sul terreno sostanziale gli ambiti di discrezionalità del sindaco e del presidente della provincia sono assai elevati.
I POSSIBILI RIMEDI Inquadrato così il tema si può passare a trarre le conseguenze, a cominciare da quelle che devono essere tratte sul terreno dei possibili rimedi: “il merito delle opzioni politiche sottese alla scelta operata dal vertice istituzionale sono rimesse unicamente alla valutazione dell’organo consiliare di controllo”, cioè al possibile intervento del consiglio. Dal che ne deriva la seguente implicazione di natura procedurale: “il sindaco ha l’onere formale di comunicare al consiglio comunale la decisione di revocare un assessore ex art. 46 cit., visto che è soltanto quest’ultimo organo che potrebbe opporsi (tramite una mozione di sfiducia) all’atto di revoca”. Per cui il passaggio dinanzi al consiglio costituisce un onere da rispettare. Sempre sul terreno procedurale viene inoltre dalla sentenza affermato il seguente principio: “il procedimento di revoca dell’incarico assessorile deve essere semplificato al massimo per consentire una immediata soluzione della crisi politica nell’ambito del governo dell’ente territoriale, pertanto l’inizio di tale procedimento non deve essere comunicato all’interessato, ai sensi dell’art. 7, legge n. 241 del 1990, restando del tutto indifferente acquisire la sua opinione”.
L’AMPIEZZA DELLA DISCREZIONALITA’ Una ulteriore conseguenza che si deve trarre è la seguente: “attesa la natura ampiamente discrezionale del provvedimento di revoca dell’incarico di assessore, la relativa motivazione può basarsi sulle più ampie valutazioni di opportunità politico - amministrativa rimesse in via esclusiva al vertice dell’ente, in quanto aventi ad oggetto un incarico fiduciario; pertanto la motivazione dell’atto di revoca può anche rimandare esclusivamente a valutazioni di opportunità politica”. Come si vede, tra gli opposti principi della natura politica e del carattere di provvedimento, che sono i tratti caratterizzanti della revoca degli assessori, i giudici amministrativi di secondo grado optano sugli aspetti sostanziali, quindi sulla natura politica.
IL RICORSO La sentenza della quinta sezione del Consiglio di Stato esamina infine le conseguenze che si devono trarre sul terreno dell’ambito del sindacato del giudice amministrativo: “nella materia in questione il giudice amministrativo è sfornito del sindacato di merito tassativamente previsto dalla legge per altre ipotesi (cfr. art. 134 c.p.a.) ed il suo controllo sull’esercizio della funzione pubblica è condizionato dal connotato latamente politico della scelta che, pertanto, è insindacabile in sede di legittimità se non per profili puramente formali concernenti: la violazione di specifiche disposizione normative dettate per la nomina e la revoca degli assessori; la manifesta abnormità e discriminatorietà del provvedimento oggetto di impugnativa”. Come si vede, la stessa sentenza limita in misura assai rilevante l’ambito di intervento del giudice amministrativo.
LA MOTIVAZIONE La sentenza evidenzia infine quanto siano ampi i margini posti a disposizione del vertice politico dell’ente nell’adozione dell’atto di revoca di un assessore: “il riferimento del sindaco alle mutate esigenze programmatiche, ovvero a fattori squisitamente politici, integra adeguata motivazione della revoca”, dal che deriva la conseguenza della legittimità dell’atto, anche se in termini sostanziali non viene specificato nulla di particolarmente rilevante. Quindi, in altri termini, i giudici amministrativi sottolineano gli ambiti assai elastici che possono essere posti a base della scelta dell’ente. Nel caso specifico, sottolineano infine i giudici amministrativi di appello, “il ricorrente non ha provato, pur essendone onerato ai sensi dell’art. 2697, co. 1, c.c. (ora art. 64 co. 1, c.p.a.), il carattere discriminatorio della revoca”.
GLI ORIENTAMENTI DELLA GIURISPRUDENZA La sentenza conferma che l’orientamento, che possiamo definire consolidato, nella giustizia amministrativa di secondo grado va nella direzione di considerare prevalenti rispetto al dato formale le competenze assai ampie che sono attribuite al sindaco ed al presidente di provincia. Orientamento che non si può invece considerare consolidato nelle pronunce dei TAR, che invece spesso sembrano fare proprie le esigenze di motivazione e la natura di provvedimento dell’atto. Anche nel caso concreto posto a base della pronuncia dei giudici amministrativi, in primo grado l’atto di revoca da parte del sindaco era stato annullato. Ricordiamo che, per molti aspetti, la vicenda è del tutto analoga alla revoca dell’assessore Sgarbi dalla giunta Moratti del comune di Milano: in primo grado il TAR del capoluogo lombardo aveva riconosciuto la illegittimità del provvedimento, annullando il provvedimento del sindaco; mentre in secondo grado il Consiglio di Stato ha dato ragione al comune, annullando la sentenza di primo grado.
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Valeriana |
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