dal sito ancitel.it
DOMANDA: Per l'adozione dì provvedimenti urgenti, si chiede un parere circa la legittimità di un contratto posto in essere tra l'Ente Comune e un'associazione temporanea d'imprese costituita tra una Capogruppo mandataria e altra impresa regolarmente iscritte alla CC.II.AA.
L'impresa Capogruppo, in corso d'opera dei lavori, comunica all'Ente dapprima, la diretta assunzione in capo alla medesima di tutti i lavori appaltati per l'impossibilità dell'altra impresa di proseguire l'attività e poi, successivamente, anche la modifica della propria denominazione sociale. Per consentire la regolare prosecuzione dell'attività, non essendo l'opera appaltata compiuta, si chiede se il contratto posto in essere in capo all' ATR originariamente costituita tra le due imprese, possa continuare ad esistere e se è possibile consentire che sia legittimo anche in presenza della sola società Capogruppo così come modificata dalla nuova denominazione sociale.
RISPOSTA: Il principio generale che governa la materia è quello della immodificabilità soggettiva del concorrente al quale è stata aggiudicata la gara: in proposito si ricorda che in base al comma 13 dell'art. 37 del codice dei contratti pubblici "i concorrenti riuniti in raggruppamento temporaneo devono eseguire le prestazioni nella percentuale corrispondente alla quota di partecipazione al raggruppamento" e che il successivo comma 19 consente la possibilità di prosecuzione del rapporto per il venire meno di alcuna delle mandanti solo nelle ipotesi ivi specificatamente stabilite. Tale ultimo comma prevede infatti che solo "in caso di fallimento di uno dei mandanti ovvero, qualora si tratti di imprenditore individuale, in caso di morte, interdizione, inabilitazione o fallimento del medesimo ovvero nei casi previsti dalla normativa antimafia, il mandatario, ove non indichi altro operatore economico subentrante che sia in possesso dei prescritti requisiti di idoneità, è tenuto alla esecuzione, direttamente o a mezzo degli altri mandanti, purché questi abbiano i requisiti di qualificazione adeguati ai lavori o servizi o forniture ancora da eseguire".
Dunque, al di fuori di tali specifiche e tassative ipotesi non dovrebbe ritenersi consentito, in virtù del citato principio, che l'appalto prosegua con altre mandanti o, come nel caso di specie, addirittura con la sola mandataria (ancorchè questa copra comunque da sola i requisiti richiesti) a fronte del "recesso volontario" di una impresa mandante, in quanto ciò si tradurrebbe di fatto in un'ipotesi di "cessione" di contratto d'appalto in favore di una diversa entità giuridica, con violazione del generale divieto all'uopo sancito dall'art. 118 del medesimo d.lgs. 163/06.
La giurisprudenza ha infatti in genere ritenuto che una possibilità di modificazione della compagine associativa mediante l'entrata o l'uscita di nuove imprese, risulti ammissibile solo fino al momento della presentazione delle offerte e purché non fossero alterate le garanzie per la committente, dal punto di vista della consistenza dei requisiti ai fini della qualificazione del concorrente (cfr. tra le varie Cons. Stato, Sez. V, 29 luglio 2003 n. 4350; 9 giugno 2003 n. 5509; 18 aprile 2001 n. 2335): al di là delle eccezioni tassativamente previste trova luogo infatti il principio di incedibilità del contratto, derogabile solo in caso di cessione di ramo d'azienda, ovvero in operazioni analoghe e prevedendosi al riguardo la sanzione dell'annullamento dell'aggiudicazione e della nullità del contratto eventualmente già sottoscritto.
Ciò rilevato si deve tuttavia osservare che in senso contrario a tale indirizzo si è più di recente espresso il Consiglio di Stato con la sentenza Sez. IV del 23 LUGLIO 2007 n. 4101 affermando che il principio di immodificabilità soggettiva dei partecipanti alle procedure di affidamento degli appalti di lavori pubblici non risulterebbe violato nell'ipotesi di recesso di una o più imprese dall'associazione temporanea aggiudicataria dell'appalto, a condizione che l'impresa o le imprese residue siano comunque in possesso dei requisiti di capacità e moralità per l'esecuzione delle prestazioni oggetto di affidamento.
Il Consiglio di Stato, fornendo peraltro al riguardo una discutibile interpretazione, afferma infatti che il divieto di immodificabilità soggettiva sancito dalla normativa deve intendersi riferito solo al diverso caso dell'aggiunta o della sostituzione di imprese partecipanti all'associazione e non anche all'ipotesi di recesso volontario dalla compagine associativa (Anche con la più recente sentenza VI - Sentenza 13/05/2009 n. 2964) lo stesso Consiglio di Stato ha ribadito in riferimento al divieto cit. di cui all'art. 37 del codice appalti, che la norma non ha l'obiettivo di precludere sempre e comunque il recesso dal raggruppamento in costanza di procedura di gara.
Il rigore della disposizione va, infatti, temperato in ragione dello scopo che essa persegue. Secondo la pronuncia indicata, dalla quale non c'è ragione di discostarsi, la ratio della disposizione è quella di consentire alla p.a. appaltante, in primo luogo, di verificare il possesso dei requisiti da parte dei soggetti che partecipano alla gara e, correlativamente, di precludere modificazioni soggettive, sopraggiunte ai controlli, e dunque, in grado di impedire le suddette verifiche preliminari.
Orbene, se è questa la funzione della disposizione di cui si discute, appare evidente come le uniche modifiche soggettive elusive del dettato legislativo siano unicamente quelle che portano all'aggiunta o alla sostituzione delle imprese partecipanti e non anche quelle che conducono al recesso di una delle imprese del raggruppamento.
In questo secondo caso "le predette esigenze non risultano affatto frustrate poiché l'amministrazione, al momento del mutamento soggettivo, ha già provveduto a verificare i requisiti di capacità e di moralità dell'impresa o delle imprese che restano, sicché i rischi che il divieto in questione mira ad impedire non possono verificarsi". |