T O P I C R E V I E W |
85st |
Posted - 09/10/2012 : 15:39:36 Appare e poi scompare la circolare "legislativa" della Funzione pubblica in tema di monetizzazione delle ferie non godute. La norma è chiara: la spending review taglia inesorabilmente la monetizzazione delle ferie (articolo 5, comma 8, Dl 95/2012). Quello che non è chiaro è che fine abbia fatto il parere prot. 40033 dell'8 ottobre prima pubblicata sul sito istituzionale dello stesso Dipartimento e poi misteriosamente scomparso.
Nel merito, il tema è di quelli scottanti. Da una parte la spending review stabilisce che le ferie non godute «non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi» mentre, a livello interpretativo, si cerca di mitigare quel perentorio «in nessun caso» contenuto nel testo normativo. Sarà che l'interprete istituzionale si è accorto che questa volta il legislatore si è allargato troppo?
Con ogni probabilità è così. Già ai primi di agosto la Funzione pubblica aveva ammesso che, in alcuni limitati casi, si potessero liquidare le ferie non godute (nota prot. 32397 del 06/08/2012). Ma è con l'ultimo parere che viene chiarita la ratio. L'obiettivo è colpire gli abusi correlati all'assenza di programmazione da parte del datore di lavoro e all'utilizzo improprio delle possibilità di riporto previste nei contratti collettivi. In sintesi le ferie non potranno essere liquidate quando alla cessazione del rapporto di lavoro concorre attivamente il lavoratore; al contrario sono ammessi tutti quei casi indipendenti dalla volontà del lavoratore e dalla capacità organizzativa del datore di lavoro.
Riprendendo il testo della norma si ha, quindi, una presunzione di colpa (abuso) nei casi di cessazione derivanti da mobilità (anche se in questo caso non c'è una cessazione e quindi non era possibile liquidare le ferie neppure prima), dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Il Dipartimento da una parte ha aggiunto il licenziamento disciplinare ed il mancato superamento del periodo di prova e dall'altra ha aperto la strada ai casi di decesso, di dispensa per inidoneità permanente e assoluta, di malattia, di aspettativa e di gravidanza. Negare una deroga in questi casi comporterebbe un preclusione ingiustificata ed irragionevole per il lavoratore, che si è trovato nell'impossibilità di godere di un proprio diritto.
A supporto di queste tesi vengono richiamati prima i principi comunitari (articolo 7 della Dir. 2003/88) e poi la giurisprudenza, sia europea che italiana. Giurisprudenza che, a più riprese, ha riconosciuto il diritto alla liquidazione delle ferie non godute per malattia e inabilità al servizio. Anche in questi casi, prima di procedere al pagamento in questione, dovrà essere verificato il rigoroso rispetto delle norme che consentono il riporto nel tempo delle ferie, ovvero le documentate cause di servizio. A livello interpretativo si cerca di mettere una toppa ad un testo normativo che si pone in contrasto sia ai principi generali (europei e costituzionali) che alla costante giurisprudenza.
FONTE: IL SOLE 24 ORE |
1 L A T E S T R E P L I E S (Newest First) |
michele |
Posted - 09/10/2012 : 21:16:50 il parere c'è nel sito, chissa dove guardano quelli del sole, ve lo riporto (cìè anche in pdf)All' Azienda ospedaliera
San Camillo-Forlanini
Area personale
fmilito@scamilloforlanini.rm.it
Al Ministero dell'economia e delle finanze
Dipartimento RGS-IGOP
OGGETTO: decreto legge n. 95 del 2012 - art. 5, comma 8 - abrogazione della liquidazione delle ferie non godute.
Si fa riferimento alla nota n. 6491 del settembre 2012, con la quale è stato chiesto un parere in merito alla possibilità di ritenere escluse dall'ambito di applicazione del divieto di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi delle ferie, permessi e riposi non fruiti, le ipotesi in cui la mancata fruizione si sia determinata in occasione di cessazioni del servizio conseguenti a periodi di malattia ovvero a dispensa dal servizio per inidoneità assoluta e permanente.
Preliminarmente, si segnala che con nota n. 32937 del 6 agosto 2012 indirizzata all'ANCI, pubblicata sul sito del Dipartimento della funzione pubblica, è stato espresso un primo orientamento sull'ambito temporale di applicazione della nuova normativa valevole per risolvere alcuni problemi di diritto transitorio. Tale orientamento è stato condiviso anche dal Ministero dell'economia e delle finanze-Dipartimento RGS, che ha espresso il proprio avviso con nota n. 77389 del 14 settembre 2012.
La problematica posta da codesta Azienda all'attenzione dello scrivente e del Ministero dell'economia e delle finanze riguarda l'applicazione a regime dell'art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012, convertito in l. n. 135 del 2012, alle ipotesi di cessazione dal servizio determinatasi a seguito di malattia ovvero o di dispensa dal servizio per inidoneità assoluta e permanente, ovvero ancora a seguito di periodi di aspettativa a vario titolo, nonché a causa di decesso del dipendente, non espressamente richiamate dalla citata disposizione.
Nel porre il quesito codesta Azienda osserva che i casi di cessazione espressamente richiamati dall'art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012 ai fini dell'inclusione nell'ambito oggettivo del divieto si riferiscono a situazioni per le quali la prevedibilità dell'evento (collocamento a riposo) ovvero la volontà dei soggetti coinvolti (mobilità, dimissioni, risoluzione) consentirebbero una ponderazione circa l'adozione delle iniziative necessarie per assicurare la fruibilità del diritto compatibilmente con le esigenze personali e organizzative dell'amministrazione. Al contrario, i casi e le modalità con cui si determina la cessazione richiamati nella richiesta di parere riguarderebbero situazioni in cui il rapporto si conclude in modo "anomalo" (decesso, dispensa per inidoneità permanente e assoluta) ovvero casi in cui il dipendente non ha potuto fruire delle ferie maturate proprio a causa dell'assenza dal servizio nel periodo antecedente la cessazione del rapporto di lavoro (malattia, aspettative a vario titolo, gravidanza)
Appare, pertanto, utile esaminare il contenuto della disposizione interessata allo scopo di individuarne l'effettiva portata applicativa tenendo conto del contesto normativo in cui è inserita.
Come noto, l'art. 5, comma 8, del citato d.l. n. 95 del 2012 stabilisce l'obbligatorietà della fruizione di ferie, riposi e permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, prevedendo che tali giornate "..non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi." e configurando, pertanto, un divieto di carattere generale. La disposizione, inserita in un testo normativo recante misure di riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica, è diretta a colpire gli abusi dovuti all'eccessivo ricorso alla monetizzazione delle ferie non fruite a causa dell'assenza di programmazione e di controlli da parte della dirigenza sulle ferie dei dipendenti e dell'utilizzo improprio delle possibilità di riporto consentite dalle clausole di accordi e contratti e a favorire una maggiore responsabilizzazione nel godimento del diritto alle ferie. Gli specifici casi di cessazione ivi previsti rispondono alla ratio della norma in quanto configurano delle vicende estintive cui in particolar modo il lavoratore concorre in modo attivo alla conclusione del rapporto di lavoro, mediante il compimento di atti (es. esercizio del proprio diritto di recesso) o comportamenti incompatibili con la permanenza del rapporto (licenziamento disciplinare, mancato superamento del periodo di prova), accettando così le eventuali conseguenze derivanti, come per l'appunto la perdita delle ferie maturate e non godute come prevista dalla norma vigente.
Le cessazioni del rapporto di lavoro determinatesi a seguito di un periodo di malattia, di dispensa dal servizio o, a maggior ragione di decesso del dipendente, configurano, invece, vicende estintive del rapporto di lavoro dovute ad eventi indipendenti dalla volontà del lavoratore e dalla capacità organizzativa del datore di lavoro. In base al sopra descritto ragionamento non sembrerebbe, pertanto, rispondente alla ratio del divieto previsto dall'articolo 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 2012 includervi tali casi di cessazione, poiché ciò comporterebbe una preclusione ingiustificata e irragionevole per il lavoratore il cui diritto alle ferie maturate e non godute per ragioni di salute, ancorchè già in precedenza rinviate per ragioni di servizio, resta integro con riguardo alla duplice finalità di consentire al lavoratore di riposarsi rispetto all'esecuzione dei compiti attribuitigli in forza del suo contratto di lavoro e di beneficiare di un periodo di distensione e ricreazione.
Tale interpretazione è in linea con i principi di derivazione comunitaria in materia ed è stata accolta dalla giurisprudenza.
Si rammenta, infatti, che il diritto comunitario (art. 7 della Dir. 2003/88) nel sancire l'irrinunciabilità delle ferie annuali fa salva la previsione di una indennità sostitutiva nella sola ipotesi di fine del rapporto di lavoro, recepita nell'art. 10 del d.lgs. n. 66 del 2003. La giurisprudenza comunitaria chiamata ad esprimersi sulla portata applicativa dell'art. 7 ha in più occasioni ribadito che le disposizioni nazionali non possono prevedere che al momento della cessazione del rapporto di lavoro non sia dovuta alcuna indennità finanziaria sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute dal lavoratore che sia stato in congedo per malattia. Secondo tale giurisprudenza, la disapplicazione delle disposizioni nazionali e delle clausole dei contratti collettivi che vietano il diritto alla monetizzazione delle ferie non godute in caso di malattia e inabilità al servizio, che in assenza di deroghe espresse non sarebbe esclusa dall'art. 5, comma 8, del d.l. n. 95 del 201, osterebbe quindi, alla disciplina comunitaria in materia di diritto alle ferie. (Corte di giustizia, Grande sez., sent. 20 gennaio 2009, n. 350/2006, sent. 20 gennaio 2009, n. 520/2006, Corte di giustizia, 3 maggio 2012, n. 337).
Anche la giurisprudenza italiana ha espresso un orientamento volto a garantire il diritto alla monetizzazione in caso di malattia (Cass., 9 luglio 2012, n. 11462; Cass. sez. unite, 17 aprile 2009, n. 9146; Cons. di Stato, sez. VI, 9 maggio 2011, n. 2737; Cons. di Stato, sez. VI, 9 maggio 2011, n. 2736; Cons. di Stato, sez. VI, 18 novembre 2010, n. 8100; Cons. di Stato, sez. VI, 8 ottobre 2010, n. 7363; Cons. di Stato, sez. VI, 7 maggio 2010, n. 2663).
Alla luce di quanto esposto e della citata giurisprudenza si è, pertanto, dell'avviso che, a regime, nel divieto posto dal comma 8 dell'art. 5 del citato d.l. n. 95 del 2012 non rientrano i casi di cessazione dal servizio in cui l'impossibilità di fruire le ferie non è imputabile o riconducibile al dipendente, come le ipotesi di decesso, malattia e infortunio, risoluzione del rapporto di lavoro per inidoneità fisica permanente ed assoluta, congedo obbligatorio per maternità.
Resta fermo, in ogni caso, che la monetizzazione delle ferie in questi residui casi potrà essere disposta solo in presenza delle limitate ipotesi normativamente e contrattualmente previste e nel rispetto delle previsioni in materia di riporto.
Ad ogni modo, considerato che la questione è rilevante per molte amministrazioni e presenta dei risvolti finanziari, si ritiene necessario acquisire in proposito l'avviso del Ministero dell'economia e delle finanze.
IL CAPO DIPARTIMENTO
Antonio Naddeo
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