Una novità del dl 95/2012 è il divieto per le amministrazioni pubbliche di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti, già appartenenti ai ruoli delle stesse amministrazioni e collocati in quiescenza, che abbiano svolto, nel corso dell’ultimo anno di servizio, funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto dello stesso incarico di studio e di consulenza (art. 5, comma 9)[1].
Come si legge nella Relazione tecnica al Senato “la disposizione è intesa ad introdurre una forma specifica di incompatibilità nell’affidamento delle consulenze da parte delle amministrazioni di cui all’art. 1, comma 2, del D.Lgs. n. 165/01…”.
In materia era intervenuto un recente parere della sezione Campania della Corte dei Conti (n. 460 del 27.09.2011) che ha posto l’attenzione sulla vigenza dell’art. 25 della legge finanziaria 23 dicembre 1994, n. 724[2].
Mentre la norma del 1994 specificava che i destinatari della stessa erano i dipendenti cessati per conseguire il pensionamento di anzianità, la norma in esame estende il divieto a tutti i dipendenti collocati in quiescenza, senza alcuna distinzione.
Essa riguarda, infatti, il divieto di conferire incarichi ad ex dipendenti cessati volontariamente dal servizio per conseguire il pensionamento di anzianità, i quali abbiano già intrattenuto con l’ente “rapporti di lavoro o impiego nei cinque anni precedenti a quello della cessazione dal servizio”.
In precedenza, anche la Corte dei Conti sezione Puglia, con la deliberazione n. 167/PAR/2010 del 15 dicembre 2010, aveva affrontato il medesimo argomento, con un’interessante lettura delle implicazioni della questione.
Ha specificato che: “Nel contesto dell’art. 25 della legge n. 724/1994, dunque, la ‘trasparenza’ e l’ ‘imparzialità’ passano da attributi generali dell’azione amministrativa a specifici beni-valori da tutelare, in relazione agli abusi intrinsecamente presenti nel conferimento di incarichi a chi, già dipendente dall’Amministrazione che attribuisce gli incarichi stessi, ha volontariamente posto fine al suo rapporto di servizio con l’Amministrazione medesima, così manifestando un chiaro disinteresse all’espletamento di ulteriore attività lavorativa con essa (Corte Conti, Sezione Giurisdizionale Umbria, n.235/2006). Risulterebbe infatti contraddittorio, e perciò in contrasto con i canoni di giustificatezza e ragionevolezza che presiedono alla trasparenza ed all’imparzialità amministrativa, ex artt. 3 e 97 della Costituzione, affidare incarichi ai dipendenti pubblici che volontariamente cessino dal servizio, dimostrando così di non volere più prestare il proprio operato a vantaggio della loro ex Amministrazione di appartenenza. E’ evidente infatti l’irrazionalità, anche economica, del conferimento di un incarico in simili condizioni, ove si consideri che l’attività commissionata con l’incarico stesso sarebbe stata remunerata con il solo stipendio, se il dipendente fosse rimasto ancora in servizio, laddove – dopo le dimissioni – il compenso per il ripetuto incarico si aggiunge alla pensione, ossia alla ‘retribuzione differita’ dall’ex dipendente medesimo, con un sensibile aumento dei costi complessivi generali e, soprattutto, senza assicurare una nuova professionalità di ricambio, alla conclusione dell’incarico”.
[1] “9. E’ fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, nonché alle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell’articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 nonché le autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob) di attribuire incarichi di studio e di consulenza a soggetti, già appartenenti ai ruoli delle stesse e collocati in quiescenza, che abbiano svolto, nel corso dell’ultimo anno di servizio, funzioni e attività corrispondenti a quelle oggetto dello stesso incarico di studio e di consulenza”.
[2] “25. Incarichi di consulenza.
1. Al fine di garantire la piena e effettiva trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa, al personale delle amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, che cessa volontariamente dal servizio pur non avendo il requisito previsto per il pensionamento di vecchiaia dai rispettivi ordinamenti previdenziali ma che ha tuttavia il requisito contributivo per l’ottenimento della pensione anticipata di anzianità previsto dai rispettivi ordinamenti, non possono essere conferiti incarichi di consulenza, collaborazione, studio e ricerca da parte dell’amministrazione di provenienza o di amministrazioni con le quali ha avuto rapporti di lavoro o impiego nei cinque anni precedenti a quello della cessazione dal servizio.
2. In deroga al comma 1, gli incarichi conferiti e i rapporti stabiliti alla data di entrata in vigore della presente legge sono confermati fino alla prima data di scadenza o fino alla cessazione, per qualsiasi causa, dell’incarico o del rapporto stesso.
3. I soggetti e le amministrazioni interessati sono tenuti a comunicare entro e non oltre sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica tutte le notizie relative agli incarichi e ai rapporti di cui alla presente disposizione. In caso di inottemperanza per i soggetti di cui al comma 1 viene disposta la decadenza dell’incarico o la fine del rapporto con provvedimento dell’autorità amministrativa competente e viene comminata una sanzione pari al 100 per cento della controprestazione pecuniaria gravante in capo all’amministrazione stessa”.