| T O P I C R E V I E W |
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Posted - 30/04/2012 : 13:53:46 dal sito www.civicasrl.it
Aliquote e detrazioni Imu fuori dal bilancio di previsione. Infatti, in base all'articolo 12-bis introdotto in sede di conversione del decreto legge sulle semplificazioni tributarie (16/2012), per quest'anno, i Comuni devono iscrivere nel bilancio di esercizio l'entrata da imposta municipale propria in base agli importi stimati dal ministero dell'Economia e pubblicati online.
In deroga alle disposizioni generali dell'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali, i Comuni possono poi approvare o modificare entro il 30 settembre 2012, sulla base dei dati aggiornati, il regolamento e la deliberazione relativa alle aliquote e alle detrazioni dell'Imu. In quel momento, gli importi iscritti a titolo di imposta municipale potranno essere variati, insieme con gli importi del fondo sperimentale di riequilibrio, tenendo conto dell'aggiornamento del dipartimento delle Finanze.
Anche se il gettito dell'Imu va indicato in modo convenzionale, in base ai valori stimati dal ministero, i Comuni non hanno diritto ad avere dallo Stato l'eventuale differenza fra gettito accertato convenzionalmente e gettito reale.
Inoltre, l'iscrizione a bilancio del gettito tributario presunto blocca l'esercizio per i Comuni, entro il termine dell'approvazione del bilancio di previsione, della potestà regolamentare su aliquote e detrazioni d'imposta. In base all'articolo 13 del decreto legge 201/2011 salva Italia, l'aliquota di base dell'Imu (0,76%) potrebbe essere infatti variata in aumento o in diminuzione fino a 0,3 punti percentuali con deliberazione del consiglio comunale, mentre quella per l'abitazione principale potrebbe subire oscillazioni negative o positive fino a 0,2 punti percentuali. Sempre il decreto salva Italia prevede poi la possibilità di ridurre fino allo 0,1% l'aliquota dei fabbricati rurali a uso strumentale.
Qui si apre un problema: la coerenza che deve essere assicurata tra la programmazione strategico-amministrativa dei Comuni e la sostenibilità finanziaria dei servizi erogabili comporta scelte, anche in tema di politica fiscale, che è complicato rinviare al 30 settembre, termine ordinariamente destinato alla verifica e alla salvaguardia degli equilibri di bilancio. E il quadro diventa ancor più aleatorio in considerazione della possibilità (sempre introdotta con la conversione del decreto 16/2012) di variare le aliquote e le detrazioni, in base alle disposizioni dettate da Dpcm entro il 10 dicembre 2012.
Infine, occorre rammentare che gli accertamenti tributari (in quanto accertamenti di entrata corrente) concorrono al calcolo del saldo di competenza mista utile per il rispetto del patto di stabilità interno: qualunque scostamento del dato definitivo rispetto alle previsioni assestate (che non possono essere successive al termine del 30 novembre di ciascun esercizio) potrebbe dunque compromettere la programmazione ai fini dei vincoli di finanza pubblica. In altre parole, occorre chiedersi come dovranno essere valutati gli eventuali minori accertamenti di competenza, non più compensabili con gli ordinari strumenti di riequilibrio assicurati dall'articolo 193 del Testo unico degli enti locali (decreto legislativo 267/2000).
FONTE: IL SOLE 24 ORE |
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| tpa |
Posted - 30/04/2012 : 14:00:55 Dopo la conversione in legge del decreto 16/2012 sulle semplificazioni tributarie, la gestione dell'Imu rischia di diventare un incubo per i sindaci, alle prese con la chiusura dei bilanci e con diversi nodi da sciogliere. In particolare, gli amministratori devono decidere se spingere la leva fiscale entro il 30 giugno o rimandare le scelte al 30 settembre, data limite per modificare le decisioni già prese. Per i Comuni si apre poi il fronte dell'invio delle delibere al ministero dell'Economia, avviluppato in un intreccio di norme. Le scadenze per l'Imu sono infatti diverse da quelle fissate per l'addizionale Irpef e da quelle per le altre entrate comunali. E la situazione si complicherà ancora dall'anno prossimo.
Ma andiamo con ordine. Il decreto legge salva Italia 201/2011 ha imposto da quest'anno l'invio al ministero dell'Economia delle delibere regolamentari e tariffarie dei tributi locali entro 30 giorni dall'adozione o entro 30 giorni dal termine previsto per il bilancio di previsione. La pubblicazione sul sito del ministero sostituisce l'avviso in «Gazzetta Ufficiale» ed è quindi sufficiente per rendere conoscibili le delibere. L'inadempienza da parte dei Comuni è sanzionata con il blocco dei trasferimenti. Ma dell'attuazione è incaricato un decreto ministeriale non ancora emanato.
Intanto, con la nota 5343/2012, il dipartimento delle Finanze ha attivato la procedura telematica per trasmettere i regolamenti e le aliquote Imu. Dal 16 aprile l'inserimento di questi atti nel portale sostituisce le altre modalità di invio ed è valida per adempiere l'obbligo di pubblicazione in «Gazzetta». La procedura telematica si può usare anche per trasmettere le delibere dei tributi comunali diversi dall'Imu, la pubblicazione potrà avvenire solo dopo l'emanazione del decreto attuativo previsto dal decreto legge 201/2011.
Quanto all'invio delle delibere sull'addizionale comunale Irpef, i tempi sono più volte cambiati negli ultimi mesi. Il decreto 201/2011 ha infatti anticipato al 20 dicembre il termine per la pubblicazione sul sito del ministero dell'Economia per riscuotere l'acconto da marzo successivo. Poi, il decreto legge 16/2012 ha anticipato al 20 dicembre la scadenza per la pubblicazione sul sito ministeriale anche in caso di variazioni dell'aliquota, uniformando così le scadenze.
Infine, l'articolo 4, comma 1-quinquies, della legge di conversione del decreto 16/2012 ha imposto ai Comuni di inviare al dipartimento delle Finanze le delibere entro 30 giorni dall'adozione per la pubblicazione online. Resterebbe da chiarire il rapporto tra il termine mobile di 30 giorni e quello fisso del 20 dicembre, soprattutto per le delibere approvate in prossimità di questa data. Ma non è tutto. La legge di conversione del decreto 16/2012 prevede che dal 2013 le delibere delle aliquote e delle detrazioni Imu (non i regolamenti) debbano essere inviate al ministero dell'Economia per via telematica entro il 23 aprile per permettere la pubblicazione online entro il 30 aprile. Il rispetto di questo termine garantisce la retroattività al 1° gennaio dell'anno cui la delibera si riferisce, altrimenti saranno prorogate le aliquote approvate l'anno precedente. La disposizione non tiene conto di diversi elementi: la scadenza per approvare le aliquote è agganciata a quella per l'adozione dei bilanci; negli ultimi dieci anni i termini per chiudere i bilanci sono stati fissati tra aprile e giugno, l'anno scorso addirittura ad agosto; e si tratta di termini che non dipendono dai Comuni ma dalle modifiche normative su entrate, patto di stabilità e altro. Nei fatti, il termine del 23 aprile è inconciliabile con le regole vigenti e con i tempi per approvare i bilanci.
FONTE: IL SOLE 24 ORE |
| tpa |
Posted - 30/04/2012 : 13:58:11 Primo dato: ai tempi dell'Ici, sei case su dieci erano esenti dall'imposta, in quanto abitazioni principali. Secondo dato: le prime case erano più numerose dei proprietari. Bisogna partire da questi due numeri per capire il perché di tante norme restrittive sull'Imu: dalla regola che considera come seconde case le abitazioni concesse in uso gratuito ai parenti, fino a quella – appena introdotta dal Parlamento convertendo il decreto fiscale – secondo cui ci può essere una sola abitazione principale per ogni famiglia.
Se l'obiettivo era chiaro fin dal decreto salva-Italia di dicembre, cioè ridurre di numero i 19,7 milioni di abitazioni principali, non si può dire che siano ugualmente chiare le regole. Anzi, per rendere l'Imu davvero "a misura di famiglia", servono ancora diversi chiarimenti. La legge 44/2012, convertendo il Dl 16, ha modificato la nozione di abitazione principale, prevedendo la necessità che in essa risieda e dimori non solo il contribuente, ma anche il suo nucleo familiare. Quindi, bisognerà in primo luogo definire con precisione cosa si intenda per «nucleo familiare», posto che, al momento, l'unica nozione esistente nell'ordinamento è quella anagrafica. Se così fosse, però, la norma sarebbe inutile, poiché in caso di residenze separate dei due coniugi, costituendo ciascuno di essi un autonomo nucleo familiare, avrebbero sempre diritto alle agevolazioni di legge (aliquota base dello 0,4%, modificabile dello 0,2% in più o in meno dal Comune, e detrazione di 200 euro maggiorata di 50 euro per ogni figlio convivente di età non superiore a 26 anni).
Irragionevole appare inoltre la specificazione secondo cui se ciascun componente del nucleo assume residenza separata nell'ambito dello stesso Comune, l'abitazione principale può essere solo una. Innanzitutto, una simile preclusione non può operare sempre e comunque, perché non si vede come impedire che il figlio maggiorenne prenda residenza per conto suo in un altro immobile di proprietà e benefici del trattamento agevolato previsto dal Dl 201/2011 per l'abitazione principale.
Non si vede poi per quale ragione la previsione antielusiva si riferisca solo alle residenze separate nello stesso Comune e non anche in Comuni diversi. Quest'ultima è infatti la fattispecie più problematica: basti pensare alle seconde case nei Comuni turistici. Ma d'altra parte potrebbero esserci casi in cui i coniugi hanno la residenza e la dimora in città diverse per effettive esigenze di lavoro, e quindi serve un chiarimento che eviti inutili contestazioni tra contribuenti e amministrazioni locali.
Dovrebbe invece essere risolto il caso dei coniugi separati o divorziati con casa assegnata a uno dei due. In questa ipotesi, la legge di conversione del decreto ha previsto che il diritto del coniuge assegnatario sia sempre equiparato, ai fini Imu, al diritto di abitazione. Ne deriva che l'unico soggetto passivo sarà per l'appunto l'assegnatario, che avrà diritto per intero alla detrazione di 200 euro e alla maggiorazione di 50 euro per figlio. Il coniuge non assegnatario, invece, potrà beneficiare delle agevolazioni per l'abitazione principale sull'immobile eventualmente posseduto nel quale egli dimori e risieda, anche se situato nello stesso Comune: in precedenza, invece, c'era il limite del territorio comunale.
La versione finale della norma riferita alle unità immobiliari degli anziani e disabili non sembra, infine, venire pienamente incontro alle esigenze degli interessati. Si tratta infatti di una mera facoltà di assimilazione all'abitazione principale, rimessa alla decisione del Comune, al pari di quella stabilita per l'unità immobiliare non locata degli italiani residenti all'estero iscritti all'Aire. Così come congegnata, la norma non sembra evitare il pagamento della quota d'imposta erariale, perché l'esonero da quest'ultima riguarda solo le ipotesi in cui l'aliquota base è per legge, e non per regolamento, lo 0,4%: di conseguenza, se il Comune riducesse l'aliquota allo 0,4% dovrebbe comunque versare lo 0,38% allo Stato, di fatto azzerando il proprio gettito. Il che rende complesso concedere lo sconto.
FONTE: IL SOLE 24 ORE |
| tpa |
Posted - 30/04/2012 : 13:54:28 Non solo case sfitte. L'Imu sarà una stangata anche per le abitazioni date in locazione, con rincari fino al 240% rispetto all'Ici per i contratti a canone libero. Entro il 18 giugno, ad esempio, il proprietario di un alloggio con una rendita catastale di 650 euro – come quello esaminato nel grafico a fianco – dovrà pagare un acconto Imu di 395,20 euro. L'anno scorso, invece, se l'era cavata con un importo compreso tra 162,50 euro (nei pochi Comuni che applicavano l'Ici allo 0,5%) e 227,50 euro (in quelli, più numerosi, che avevano fissato l'aliquota allo 0,7%).
A questo primo versamento, però, bisogna aggiungere il saldo da pagare entro il 17 dicembre. E qui i proprietari dovranno fare i conti con gli eventuali aumenti decisi dai sindaci. Per quello stesso alloggio, con un'aliquota Imu dell'1,06% il conto annuo arriverebbe 1.102,40 euro: cifra che fa impallidire l'importo complessivo dell'Ici 2011 (da 325 a 455 euro).
Oltretutto, l'appuntamento di dicembre sarà complicato dalla ripartizione dell'Imu tra quota statale e comunale (da indicare in due righi diversi del modello F24, con i codici tributo 3918 e 3919). Se a giugno basterà dividere l'importo per due, a dicembre si dovrà ricalcolare la quota erariale secondo l'aliquota dello 0,38% e fare il conguaglio della quota municipale alla luce dell'aliquota comunale. Certo, i Comuni hanno la possibilità di ridurre fino allo 0,4% l'aliquota dell'Imu sugli immobili locati, ma le condizioni della finanza locale non lasciano molta speranza. Anche perché, con il meccanismo della quota statale fissa, ogni euro di sconto sarà integralmente a carico delle casse municipali. Di fatto, se il gettito dell'Imu calcolcata applicando l'aliquota base nazionale è 1.000, la quota erariale sarà sempre 500, anche se il Comune dovesse ridurre a 800 l'imposta dovuta. Si capisce bene, quindi, che solo i sindaci delle città con un mercato delle locazioni molto esteso, o con molte case vacanze, potranno permettersi di sostenere gli sconti.
I rincari dei Comuni Ancora più delicato è il fronte dei contratti a canone concordato. In questi casi, molti Comuni avevano previsto aliquote Ici ridotte o azzerate per incentivare i proprietari ad accettare un canone calmierato a favore dell'inquilino.
L'acconto Imu di giugno, invece, dovrà essere calcolato sulla base dell'aliquota ordinaria dello 0,76%, e la possibilità di una riduzione del prelievo dipenderà dalle scelte dei Comuni. Il monitoraggio condotto nei giorni scorsi da Confedilizia sulle prime delibere Imu, tuttavia, mostra che solo La Spezia (0,46%) e Alba (0,4%) hanno adottato aliquote inferiori allo standard per i canoni concordati, con un prelievo che risulta in ogni caso più elevato di quello Ici. Sui contratti a canone libero, invece, nessuno è sceso sotto lo 0,76 per cento. Ma si tratta pur sempre di decisioni interlocutorie, perché non peseranno ai fini dell'acconto e perché potranno essere corrette fino al 30 settembre.
Il taglio della deduzione A conti fatti, per i contribuenti con i redditi più bassi - in genere inferiori a 28mila euro – il rincaro dell'Imu è in grado di rosicchiare praticamente tutto il risparmio derivante dalla scelta della cedolare secca. Scelta che peraltro non è sempre possibile a norma di legge o vantaggiosa sotto il profilo economico, perché chi opta per la tassa piatta deve rinunciare all'aggiornamento Istat del canone. Con il risultato che la nuova patrimoniale finisce per pesare di più soprattutto sui redditi inferiori (si veda ancora il grafico a fianco).
Sugli affitti incombe poi un'altra minaccia, contenuta nel disegno di legge della riforma del lavoro: la riduzione dal 15 al 5% della deduzione forfettaria del canone, per i proprietari che non scelgono la cedolare secca. Un rincaro che potrebbe scattare dal 2013, rendendo ancora più pesante il carico su coloro che non possono optare per l'imposta sostitutiva.
FONTE: IL SOLE 24 ORE |
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